Ogni anno in Italia si producono 160 milioni di tonnellate di rifiuti agroalimentari e sottoprodotti agricoli, un’enorme montagna di materiale che non deve andare sprecata. Da queste sostanze, infatti, è possibile ottenere carta, bioplastica, biocarburanti e altre sostanze utili in svariati campi: cosmetici, lubrificanti, solventi… Tutti materiali “bio” che sono a loro volta completamente riciclabili, con grande vantaggio per il pianeta.
Questo quanto è emerso al BioEnergy Italy, il salone dedicato alle tecnologie per le energie rinnovabili che si è tenuto nei giorni scorsi a CremonaFiere (ANSA).
Tra le novità il “via libera” dell’Autorità per il gas e l’energia alla produzione di biometano (bioenergyitaly-biometano) che permetterà di arrivare nel 2020 a 670 milioni di metri cubi.
Il biometano, a differenza del gas naturale, non si ottiene da fonti fossili di idrocarburi, ma viene ricavato dal biogas che a sua volta è ottenuto da sostanze organiche con un processo di fermentazione batterica in assenza di ossigeno. Inoltre, per non ridurre i terreni destinati alle produzioni alimentari, non si utilizzano cereali o altre prodotti agricoli, ma i residui organici provenienti da allevamento (liquame, letame, avanzi di mangime), produzione alimentare (avanzi di frutta e verdura, resti della lavorazione di carne, pesce e latte, avanzi di cibo, ecc.) e da acque reflue di depuratori.
Lo sfruttamento dei rifiuti organici in Italia
Il recupero di quanto viene gettato nei bidoni dell’immondizia è uno dei principali obiettivi dell’Istituto di Chimica Biomolecolare del Cnr di Pozzuoli (ICB) che dal 2005 trasforma gli scarti agroalimentari in bioplastica, biofilm e biopellicole (Il Corriere).
Utilizza bucce di pomodoro, cucce di limone, scarti delle vinacce e dei crostacei… Ogni tipo di scarto viene studiato per sfruttare al meglio le sue caratteristiche: dalle bucce di limone si estraggono gli antiossidanti essenziali alle industrie di cosmetica, mentre dalle bucce di pomodoro si ottengono bioplastiche e soprattutto pellicole per la pacciamatura (pratica agricola).
E’ proprio dal pomodoro che è nata l’idea di utilizzare i rifiuti. Nei primi anni del Duemila L’ICB lavorava con aziende agricole locali per creare pomodori ibridi dalle caratteristiche migliori e i ricercatori si ritrovarono sommersi dagli scarti della lavorazione. Così venne l’idea di utilizzare in qualche modo i quintali di bucce e da qui si passò in breve al progetto attuale molto più ampio finanziato dal ministero dell’Istruzione per purificare i polisaccaridi contenuti nelle bucce e trasformarli in materiali ecodegradabili, e poi al trattamento degli altri tipi di rifiuti organici.
Il recupero nella scuola
Il riciclo del pomodoro è anche uno degli argomenti proposti nel sito realizzato dal gruppo “Rosso Pomodoro” del Liceo scientifico “A Nobel” di Torre del Greco per il concorso EXPO MILANO 2015. Gli allievi, oltre a presentare il pomodoro in tutti i suoi aspetti, ha anche realizzato un video dal titolo “Biorecupero: bioplastiche dalle bucce di pomodoro”.
Fare Geo
• Per sfruttare al meglio i rifiuti è necessaria la raccolta differenziata. Fai un’indagine tra i tuoi conoscenti: eseguono la raccolta differenziata? Ritengono sia utile? Se no, per quale motivo? Se sì, che cosa separano?
Prepara una breve relazione sui risultati di quanto hai rilevato.