Sulla Terra è difficile individuare i crateri da impatto, le cicatrici lasciate dalla caduta di grandi meteoriti che contraddistinguono la superficie lunare e della maggior parte dei pianeti rocciosi e dei satelliti. L’atmosfera della Terra, infatti, la protegge dalla caduta dei corpi più piccoli che vengono disintegrati dall’attrito durante la caduta, mentre i crateri lasciati dai meteoriti più grandi subiscono l’erosione di acqua e vento e poco alla volta scompaiono.
Qui a lato il Meteor Crater dell’Arizona, circondato da una corona di rilievi anulari, che ricorda i crateri che tappezzano la superficie della Luna e di Mercurio. Una delle curiosità naturali che è possibile visitare virtualmente grazie a Maps e Street View. Iniziando dal bordo del cratere è possibile seguire passo passo i visitatori lungo il sentiero che scende fino al centro della conca e osservare tutto intorno le pareti che formano l’immenso catino completamente chiuso.
Si tratta di un cratere piuttosto recente, si è formato circa 50mila anni fa quando un bolide di circa 50 m di diametro è precipitato dal cielo nell’altopiano del Colorado, a quel tempo ricco di foreste e abitato da mammut e bradipi giganti. Si trattava di un meteorite di nichel-ferro che nello schianto ha sviluppato un’energia di 10 megaton (mille volte l’energia sviluppata dalla bomba atomica lanciata su Hiroshima) distruggendo ogni cosa per un raggio di circa 150 km.
Il cratere ha un diametro di 1.200 m e l’anello roccioso si alza per 45 m sull’altopiano circostante, mentre il bacino interno è profondo 170 m. La sua forma, leggermente squadrata, sembra sia dovuta a crepe presenti negli strati della crosta terrestre.
Le rocce che formano l’anello sono disposte in strati inversi: scagliate lontano dall’energia dell’impatto, si sono sollevate e ricadute capovolte. Alla sommità si trovano le rocce più antiche, risalenti a 265 milioni di anni fa, mentre alla base quelle più recenti, formatesi 245 milioni di anni fa.
In passato era detto “Cratere del Diavolo”, mentre gli scienziati l’hanno chiamato “Barringer Crater” dal nome del geologo che ha ipotizzato per primo che queste strutture siano create dallo schianto al suolo di un meteorite.
Nel 1967 è stato dichiarato una delle “meraviglie della natura” nazionali e inserito nel National Natural Landmark, il programma statunitense che classifica i principali esempi di paesaggi biologici e geologici del Paese.
I crateri da impatto sulla Terra
Sebbene sia difficile sul nostro pianeta individuare i crateri da impatto, sono stati scoperti i segni evidenti di impatti risalenti a epoche remote. Circa 170 i crateri scoperti e una cinquantina quelli con diametro di oltre venti chilometri, eventi che debbono aver causato la distruzione di flora e fauna in territori vastissimi.
Il più antico è il Cratere di Suavjärvi, in Russia, poco a nord del lago Onega. Risale a 2,4 miliardi di anni fa, è ampio circa 16 km e nel suo centro si trova il lago omonimo.
Il più vasto è il cratere di Vredefort in Sudafrica (qui a lato), inserito nel 2005 tra i Patrimoni dell’Unesco. Ha un diametro di oltre 300 km ed è stato creato circa due miliardi di anni fa da un meteorite di 10 km, uno dei maggiori che abbiano mai colpito la Terra. Ha colpito la superficie terrestre in un’epoca in cui la vita sul nostro pianeta era solo agli inizi, ma l’immensa energia rilasciata deve aver portato grandi cambiamenti evolutivi.
Anche in Italia è stato scoperto un cratere di questo tipo, si tratta del lago del Sirente in Abruzzo, un piccolo bacino di forma quasi circolare di poco più di cento metri di diametro. Sembra sia dovuto all’impatto di un meteorite di 10 m caduto tra il IV e il V secolo.
I crateri da impatto nel Sistema Solare
Sugli altri pianeti e sui satelliti i crateri da impatto costituiscono generalmente gli elementi principali del paesaggio. Nelle prime ere dopo la formazione del Sistema Solare, attorno al Sole ruotava una miriade di asteroidi e meteoriti che poco alla volta venne catturata dai corpi più grandi che subirono un vero bombardamento.
I rilievi che si formarono in quei tempi antichi sono visibili ancora oggi, rimasti inalterati per mancanza di agenti erosivi. Al centro dei crateri più vasti si nota sovente un picco, sollevamento dovuto al rimbalzo del terreno.
La superficie di Mercurio (nell’immagine a destra) è segnata da una fitta rete di crateri, così come la faccia nascosta della Luna dove i crateri più numerosi rispetto al lato visibile (vedi post del 13/09/2015).
Curioso poi il gigantesco cratere che segna gran parte della superficie di Mimas, una piccola luna di Saturno. Il cratere ha un diametro di 130 km, quasi un terzo del diametro del satellite (396 km) e i rilievi che lo circondano sono alti circa 5.000 m (come il Monte Bianco), mentre la conca interna sprofonda di diecimila metri e il picco centrale si alza di 6.000 m. Lo scontro che ha dato origine a questo cratere deve aver rischiato di ridurre Mimas in pezzi.
Fare Geo
Utilizza sia Maps sia Street View per osservare il cratere.
• Descrivi l’aspetto delle pareti rocciose che lo racchiudono: la struttura è uguale in tutti i lati?
• A che cosa pensi siano dovute le formazioni triangolari con li vertice in alto che si allargano verso il centro del cratere?