Se la finanza alimenta la crisi climatica

Se la finanza alimenta la crisi climatica

La finanza è tra i grandi protagonisti del mondo contemporaneo. Mai come negli ultimi anni ne abbiamo sentito parlare, nei suoi aspetti di crescita e sviluppo ma anche in quelli deleteri e speculativi. I meccanismi che la regolano appaiono molto complessi e lontani dalla nostra quotidianità, ma interessano in realtà tutti i cittadini, che in questo ambito sono chiamati a scelte responsabili. Da qui l’importanza del ruolo dell’educazione finanziaria, soprattutto nel mondo della scuola, per l’acquisizione di conoscenze e competenze economico-finanziarie utili ai non addetti ai lavori e per lo sviluppo del pensiero critico e la riflessione sulle scelte etiche. Nel nuovo corso di Geografia di Deascuola Pianeta Futuro per la Scuola secondaria di secondo grado, le pagine “Educazione finanziaria: parole chiave e sostenibilità” introducono al mondo della finanza, per comprenderne sia le dinamiche internazionali e l’impatto sulle scelte strategiche per lo sviluppo, sia le implicazioni su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. Questi contenuti, sviluppati in modo esaustivo e comprensibile ai ragazzi, sono stati curati dalla testata di finanza etica ed economia sostenibile Valori.it. Vi proponiamo un esempio sul rapporto tra finanza e crisi climatica.

Il mondo e la crisi climatica

Inondazioni. Lunghi periodi di siccità. Incendi devastanti. I ghiacciai fondono, la neve non copre più le nostre montagne in inverno e le estati sono sempre più calde. Che il clima stia cambiando è ormai un fatto innegabile.

La causa è il riscaldamento globale, ovvero l’aumento della temperatura media sulla superficie delle terre emerse e degli oceani. La scienza è ormai da decenni pressoché unanime nello spiegare l’origine di tale fenomeno: le attività umane, principalmente legate all’uso di fonti fossili, la cui combustione provoca la dispersione nell’atmosfera terrestre di gas a effetto serra che trattengono il calore derivante dall’irraggiamento solare.

L’Accordo di Parigi e la transizione ecologica

Se la scienza è praticamente unanime, sono la politica e il mondo delle imprese a risultare restii ad adottare soluzioni per limitare le conseguenze dei cambiamenti climatici.

Le Nazioni Unite hanno lavorato a lungo con l’obiettivo di facilitare il confronto tra gli Stati e l’adozione di politiche di lotta alla crisi climatica. Nel 2015 i governi del mondo hanno sottoscritto l’Accordo di Parigi, con il quale si afferma la necessità di limitare la crescita della temperatura media globale a un massimo di 2 °C, di qui alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali (ovvero prima che l’uomo cominciasse, con le due rivoluzioni industriali, a bruciare carbone, petrolio e gas).

Il documento ufficiale chiede in realtà di rimanere il più possibile vicini a 1,5 °C, se si vorranno scongiurare le peggiori conseguenze: dalla fusione dei ghiacci polari alle ondate di caldo torrido, dalla siccità agli eventi meteorologici estremi.

La transizione verso uno stile di vita diverso

Per raggiungere questi obiettivi, è prioritario investire nella transizione ecologica, ovvero nel ripensamento radicale dei nostri sistemi economici e produttivi. A cominciare dalle fonti di energia, privilegiando le rinnovabili (idroelettrico, solare ed eolico) e superando le fossili.

Come? Trasformando i sistemi di riscaldamento domestico e i processi industriali ad alto impatto ambientale, privilegiando mezzi di trasporto sostenibili, tutelando le foreste e orientando i consumi a favore di prodotti la cui fabbricazione non comporta eccessive emissioni di gas ad effetto serra. 

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La finanza di fronte ai cambiamenti climatici

Con quali risorse attuare la transizione? Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI) serviranno almeno 6mila miliardi di dollari da qui al 2050. Cifre da capogiro, sulle quali la finanza  privata può avere un ruolo importante. Banche, fondi pensione, fondi di investimenti e compagnie di assicurazione potrebbero essere in grado di mobilitare enormi quantità di denaro.

Basti pensare che nei sei anni successivi al raggiungimento dell’Accordo di Parigi le 60 più grandi banche del mondo hanno finanziato le fonti fossili con una cifra stratosferica: 4600 miliardi di dollari. E si tratta solo di una piccola parte del sostegno dato dal mondo finanziario al settore delle fonti fossili, perché non tiene in considerazione gli investimenti, anch’essi enormi, di fondi e compagnie d’assicurazione.

Cosa rischiano i colossi della finanza

Che si tratti di incapacità di reinventarsi, abbandonando il business as usual per riconvertirsi ad attività meno inquinanti, o miopia che porta a cercare di massimizzare i profitti nell’immediato senza pensare al medio e lungo termine, per la finanza continuare a investire nelle fonti fossili rappresenta un rischio. Non solo per la Terra, ma per la tenuta finanziaria degli istituti stessi.

Mantenere nei propri “portafogli” (l’insieme degli investimenti effettuati), per esempio, azioni di compagnie minerarie che si occupano di estrarre carbone può rappresentare, per lo meno sul medio termine, un pericolo. Le organizzazioni internazionali e i governi, benché con velocità diverse, saranno costretti in futuro a imporre regole sempre più dure, se non autentici divieti, rispetto allo sfruttamento di fonti di energia fortemente dannose per il clima. La transizione porterà infatti al loro progressivo abbandono. Con conseguente perdita del valore delle azioni.

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Scenario della domanda di petrolio nel mondo fino al 2050 (Fonte BP Overview Energy Economics)

L’Europa: l’Action Plan per la finanza sostenibile

È proprio riconoscendo l’enorme ruolo della finanza nella transizione ecologica che l’Europa ha avviato nel 2018 un ambizioso piano per rendere la finanza sostenibile, chiamato Action plan on sustainable finance. Il Piano si pone diversi obiettivi:

  • ri-orientare i flussi di capitale privato verso una crescita sostenibile e inclusiva;
  • gestire i rischi finanziari derivanti dai cambiamenti climatici e dai suoi impatti sociali;
  • promuovere una finanza più trasparente e tesa agli investimenti a lungo termine, per supportare il Green Deal Europeo.

Per elaborare questo progetto, per prima cosa l’Unione europea ha dovuto definire in maniera univoca e condivisa che cosa sia “sostenibile”. Sembra banale, eppure in mancanza di un alfabeto comune ciascun operatore finanziario era libero di applicare l’etichetta di “sostenibile” a ciò che più gli conveniva. Il regolamento sulla tassonomia è entrato in vigore il 22 giugno 2020. Questo “vocabolario” della sostenibilità è un riferimento per il mondo della finanza responsabile, per indicare quanto sostenibile sia effettivamente un investimento; per i governi, per stabilire gli incentivi ad aziende green; per le aziende, per rendicontare il proprio impatto sull’ambiente. 

Fare Geo

  • Nell’articolo si parla del regolamento sulla “tassonomia” con cui l’Unione Europea ha fornito una definizione chiara di cosa siano gli investimenti veramente “sostenibili”. Ricerca sul web informazioni su questo importante atto della Commissione Europea ed elenca le attività economiche considerate “verdi”. Tra i vari aspetti, considera attentamente la posizione dell’Europa rispetto alle fonti energetiche derivanti da gas naturale e nucleare. Perché per alcuni gas naturale e nucleare non possono essere considerati sostenibili? Che cosa ne pensi? Confrontati con i tuoi compagni e le tue compagne. 
  • La speculazione finanziaria è il frutto di un atteggiamento irresponsabile che non prende in considerazione le conseguenze negative che possono ricadere sulla collettività. Ma esiste anche una finanzaetica“, che agisce secondo criteri di sostenibilità economica, sociale e ambientale, indirizzando i propri investimenti verso il bene comune. Ne hai mai sentito parlare? Conosci qualche esempio? Pensi che possa essere una valida alternativa alle forme speculative di investimento? In classe, informatevi e condividete analisi e riflessioni.

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Scopri i contenuti del corso “Pianeta Futuro“, il nuovo corso di Geografia per la Scuola secondaria di secondo grado

Pianeta Futuro è un corso che presenta la Geografia con un approccio innovativo: sul piano dei contenuti è caratterizzato dal rigore scientifico, basato su una documentazione puntuale e da una forte attenzione alla realtà socioeconomica e ambientale attuale; sul piano del linguaggio è altamente inclusivo, orientato al coinvolgimento e alla partecipazione.

Ampio rilievo è dato allo sviluppo del pensiero critico e alla riflessione sulle scelte etiche, in particolare legate all’educazione finanziaria, grazie alla collaborazione con la testata di finanza etica ed economia sostenibile “Valori.it”.

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Una delle schede “ Educazione finanziaria: parole chiave e sostenibilità” tratta dal corso Pianeta Futuro

Pianeta Futuro è un corso che presenta la Geografia con un approccio innovativo: sul piano dei contenuti è caratterizzato dal rigore scientifico, basato su una documentazione puntuale e da una forte attenzione alla realtà socioeconomica e ambientale attuale; sul piano del linguaggio è altamente inclusivo, orientato al coinvolgimento e alla partecipazione.

Ampio rilievo è dato allo sviluppo del pensiero critico e alla riflessione sulle scelte etiche, in particolare legate all’educazione finanziaria, grazie alla collaborazione con la testata di finanza etica ed economia sostenibile “Valori.it”.


Non perdere il webinar di Deascuola Formazione

La sfida dell’educazione finanziaria in ambiente scolastico

Relatrici: Claudia Vago e Irene Palmisano
29 marzo – ore 15:00 – 16:00

Durante il webinar verranno affrontati i seguenti temi:

  • panoramica sul livello di alfabetizzazione finanziaria dei giovani e il ruolo della scuola;
  • educazione finanziaria curriculare, la collaborazione Deascuola e Fondazione Finanza Etica per il manuale Pianeta Futuro;
  • educazione finanziaria, le proposte della Fondazione Finanza Etica per una cultura critica della finanza;
  • educare alla finanza con i podcast: lo strumento più utilizzato dai giovani per news, attualità, formazione e self help.

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