Agenda 2030 – Goal 10: Ridurre le disuguaglianze

Agenda 2030 – Goal 10: Ridurre le disuguaglianze

Ridurre le disuguaglianze. A che punto siamo?

Il Goal 10 dell’Agenda 2030 punta a ridurre le disuguaglianze tra i Paesi e al loro interno. Un obiettivo ambizioso che riguarda molti ambiti diversi, non solo di tipo economico. Infatti, sebbene le ineguaglianze di reddito siano le più evidenti, il decimo obiettivo dell’Agenda vuole concentrarsi su ogni tipo di disuguaglianza, anche quelle che riguardano “età, sesso, disabilità, etnia, origine, religione, status economico o altro”.

A livello globale si registra una diseguale distribuzione della ricchezza tra i diversi Paesi. I risultati economici per abitante, riferiti alla ricchezza media della popolazione, segnalano un evidente squilibrio tra le aree euro-nordamericana (con l’aggiunta della Penisola araba e dell’Australia) e il resto del mondo, in particolare l’Africa Sub-sahariana e l’Asia centrale.

In ogni caso, ci sono anche da registrare alcuni progressi avvenuti nel corso degli ultimi anni: per esempio, confrontando le carte tematiche del Prodotto Nazionale Lordo (PNL) per abitante del 2012 e del 2020, è possibile notare un sensibile miglioramento a livello globale.

Disuguaglianze interne

Le distanze sociali in termini di ricchezza non si registrano solamente tra Paesi diversi, ma anche all’interno delle singole nazioni. Per valutare se in un Paese le fasce di popolazione più povere stanno partecipando al progresso economico, statisticamente è utile confrontare la crescita del reddito del 40% più povero della popolazione con il reddito della popolazione totale.

I dati raccolti tra il 2011 e il 2016 segnalano che questo valore è generalmente cresciuto, a volte anche in maniera significativa, ma non è riuscito a invertire la tendenza alla concentrazione eccessiva di capitali nelle mani di pochi. Infatti in molti Paesi la distribuzione della ricchezza è ancora fortemente discriminante: una quantità crescente finisce nelle mani dell’1% della popolazione, mentre le fasce più povere della società (il 40% del totale) ricevono meno del 25% del reddito nazionale.

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Tasso di crescita annuo pro capite del reddito del 40% della popolazione (fasce povere) rispetto alla popolazione totale. Periodo 2011–2016 (Fonte: The Sustainable Development Goals Report 2019)

Per rimarcare questa “forbice sociale”, basti pensare che nei Paesi in via di sviluppo, nell’ultimo decennio, la disparità di reddito è aumentata dell’11%. Un fenomeno che nel suo complesso danneggia la crescita economica e destabilizza l’assetto sociale, in particolare per le persone più esposte al rischio di impoverimento ed emarginazione, come i bambini, i disabili, le donne.

Ridurre le disuguaglianze. Che fare?

Puntare alla crescita del PIL per le popolazioni più povere rimane il punto centrale di questo Goal perché, se non si ha a sufficienza per sfamarsi e un luogo dove vivere, le altre differenze diventano secondarie.

In generale, la comunità internazionale ha dimostrato di impegnarsi per sottrarre le persone alla povertà. Così come si è operato per sostenere la crescita delle nazioni più vulnerabili: per esempio, le facilitazioni per le esportazioni sono state ampliate e nel 2017 il 66% dei prodotti esportati dai Paesi in via di sviluppo era “duty free”. Nonostante queste buone notizie, rimangono purtroppo evidenti grandi disparità in campo economico.

Nel contempo oggi si è tutti più consapevoli che gli sforzi non vanno diretti solamente verso la crescita economica. Infatti lo sviluppo di questo settore non può garantire da solo la riduzione della povertà e l’aumento del benessere. Bisogna pensare a una crescita inclusiva che coinvolga anche le altre dimensioni dello sviluppo sostenibile, sociale e ambientale.

È per questo che, per centrare l’obiettivo della riduzione delle disuguaglianze, le politiche internazionali e nazionali devono rivolgersi ai bisogni delle popolazioni svantaggiate e emarginate. Si deve quindi puntare a migliorare l’intero sistema, nelle sue componenti fondamentali, soprattutto nell’accesso alla sanità e all’educazione.

I progetti dell’ONU

La situazione più grave si registra nei Paesi in via di sviluppo dove la fascia più povera è priva di mezzi di sussistenza e patisce la fame.

L’ONU, riguardo a questo obiettivo dell’Agenda 2030, propone una serie di iniziative, come per esempio la Coalizione Internazionale di Equal Pay (EPIC) per raggiungere la parità di retribuzione tra uomo e donna, o l’invito ai padri a svolgere con i figli piccoli attività di gioco e insegnamento precoce per ridurre le disparità già dalla prima infanzia.

Inoltre il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) ha avviato alcuni progetti nei Paesi in via di sviluppo per ridurre le disuguaglianze nei Paesi dove i diritti umani sono più a rischio.

In Messico, per esempio, in collaborazione con l’OMS e l’UNICEF, l’UNDP sostiene gli sforzi per garantire la piena inclusione dei bambini con disabilità. In Messico, 144.000 ragazze e ragazzi di età inferiore ai 6 anni hanno una disabilità, circa l’1% della popolazione nazionale. Questo progetto intende rafforzare le politiche pubbliche sulla prima infanzia per consentire ai bambini con disabilità di raggiungere il loro pieno potenziale ed esercitare pienamente i loro diritti.

Goal-10-Messico-disabili

I traguardi

L’Agenda 2030 ha suddiviso questo goal in dieci target (ASViS), qui sintetizzati, che precisano tutte le forme di discriminazione da eliminare e tutti gli ambiti in cui operare.
Entro il 2030 si chiede di:

  • 10.1 Far crescere il reddito del 40 per cento più povero della popolazione oltre la media nazionale
  • 10.2 Potenziare e promuovere l’inclusione sociale, economica e politica di tutti, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, status economico o altro
  • 10.3 Garantire a tutti pari opportunità e ridurre le disuguaglianze, anche attraverso l’eliminazione di leggi, di politiche e di pratiche discriminatorie
  • 10.4 Adottare politiche, fiscali, salariali e di protezione sociale, per raggiungere una maggiore uguaglianza
  • 10.5 Migliorare la regolamentazione e il controllo dei mercati e delle istituzioni finanziarie globali e rafforzarne l’applicazione
  • 10.6 Assicurare maggiore rappresentanza e voce ai paesi in via di sviluppo nel processo decisionale a livello mondiale al fine di fornire istituzioni più efficaci, credibili, responsabili e legittime
  • 10.7 Facilitare la migrazione ordinata, sicura, regolare e responsabile e la mobilità delle persone
  • 10.a Attuare il principio del trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo in conformità con gli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio
  • 10.b Promuovere l’aiuto pubblico allo sviluppo e i relativi flussi finanziari, compresi gli investimenti esteri diretti, agli Stati dove il bisogno è maggiore, in accordo con i loro piani e programmi nazionali
  • 10.c Ridurre a meno del 3 per cento i costi di transazione delle rimesse dei migranti ed eliminare i corridoi di rimesse con costi più alti del 5 per cento

Focus

Una preoccupante discriminazione sociale: il bullismo

Le forme di discriminazione economica impediscono l’accesso a una serie di benefici e servizi, impedendo la crescita personale e sociale degli individui. Ma le discriminazioni riguardano anche altri settori della vita dei cittadini, in forme talvolta poco visibili ma non per questo meno importanti.

Tra queste forme di emarginazione sociale rientra a pieno titolo il bullismo, un fenomeno che in base ai dati ISTAT ha una diffusione preoccupante nel nostro Paese, anche nella sua versione digitale, il cosiddetto cyberbullismo. Anche i dati dell’Osservatorio inDifesa, frutto di un’indagine su 8000 adolescenti, disegnano un quadro poco confortante sulla diffusione e gravità di questo fenomeno.

Il bullismo si manifesta con gravi episodi di violenza ma anche con umiliazioni e soprusi nei confronti di ragazze e ragazzi che manifestano difficoltà e disagio. Le aggressioni fisiche e verbali si manifestano all’interno della scuola, per le strade, nei luoghi di ritrovo. Si tratta di una forma di discriminazione che colpisce vittime tra i 7 e i 18 anni.

Le istituzioni contro le discriminazioni

Per combattere il bullismo, è necessario saper riconoscere i primi campanelli d’allarme per intervenire precocemente e non compromettere lo sviluppo e l’integrazione sociale di un ragazzo. Il Ministero dell’Interno ha promosso la creazione di un organismo preventivo: l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad). Lo scopo è dare supporto concreto alle persone che sono vittime di reati a sfondo discriminatorio (hate crimes). Le istituzioni hanno creato molti strumenti vicini agli adolescenti e a chi si occupa della loro educazione, nell’intenzione di prevenire le forme di discriminazione e di affermare il diritto alla libera espressione. Come esempi, citiamo il sito dei Carabinieri che offre una serie di consigli utili a conoscere e fronteggiare il fenomeno; e il sito Generazioni Connesse che fornisce informazioni e consigli per navigare sicuri in Rete.

Il video sulla lotta al bullismo realizzato dell’Osservatorio inDifesa.

E in Italia?

I rischi della disuguaglianza

Secondo il Rapporto ASviS 2019 sul Goal 10, l’Italia, dopo un periodo altalenante, ha fatto registrare dei miglioramenti dal 2015 in poi. Questa tendenza è dovuta in parte alla crescita del reddito familiare del 40% più povero della popolazione, e in generale di quello dell’intera popolazione.

Nonostante questo, nel 2017 l’Italia ha avuto una performance peggiore della media europea per la disuguaglianza economica. Infatti, la percentuale di reddito disponibile per il 40% più povero della popolazione – l’indicatore utilizzato da Eurostat per confrontare i livelli di disuguaglianza tra i Paesi Ue – era del 21,1% in Europa e del 19,5% in Italia.

Vanno poi considerati alcuni fenomeni negativi e preoccupanti: l’aumento del rischio di povertà, le elevate diseguaglianze territoriali e il divario di genere. In generale cresce il divario di reddito tra la popolazione più ricca e quella più povera.

In particolare va segnalato il ritardo del Mezzogiorno rispetto alla media italiana. Per esempio, nonostante il deciso miglioramento rispetto al 2010, la Sicilia, la Calabria e la Campania registrano una profonda distanza dalle regioni centro-settentrionali, sia per i livelli dell’indice di disuguaglianza del reddito, sia per il rischio di povertà.

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Andamento dell’indicatore per la riduzione delle disuguaglianze, elaborato dall’ASviS per l’Italia (anno 2018)

Fare Geo

  • Osserva per alcuni giorni le notizie riportate dai media riguardo a esempi di discriminazione relativa a età, sesso, disabilità, etnia, origine, religione o status economico. Registra gli episodi più significativi e prendi nota delle tue considerazioni. Poi in classe, con la guida dell’insegnante, discuti con i tuoi compagni su quanto avete scoperto e preparate una breve relazione con i vostri commenti.
  • Considera una forma di discriminazione che ti sta particolarmente a cuore: l’emarginazione dei disabili, le differenze economiche e sociali tra uomini e donne, il rischio di povertà. Informati sul fenomeno, documentandoti e raccogliendo dati statistici: con illustrazioni, grafici e brevi testi prepara una presentazione multimediale che sintetizzi le informazioni più importanti.
  • Documentati sulle gravi violazioni dei diritti umani nel mondo: pena di morte, uccisione di giornalisti e ambientalisti, regimi dittatoriali e repressivi… In quali Paesi si registrano episodi di questo genere? Crea un planisfero che evidenzi le zone a rischio di “estinzione” dei diritti umani.

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