Il 5 giugno si celebra la Giornata mondiale dell’ambiente, istituita nel 1972 dall’Onu con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’inquinamento e della tutela ambientale. Quest’anno è dedicata alla lotta contro la plastica nei mari e negli oceani: l’enorme quantità di rifiuti plastici che viene gettata nelle loro acque, infatti, mette a rischio gli habitat e, indirettamente, la salute dell’uomo. Per fronteggiare questa emergenza, negli ultimi anni sono stati compiuti numerosi studi con l’intento di trovare soluzioni pratiche per la pulizia delle acque oceaniche.
Era il 2013 quando l’olandese Boyan Slat, a soli 19 anni, proponeva il suo progetto “The Ocean Cleanup Array”, per pulire gli oceani dalla plastica. Adesso, dopo uno studio di fattibilità e una proficua campagna di raccolta fondi, lo speciale macchinario su cui si basa il progetto è pronto. Entro poche settimane salperà da San Francisco, diretto verso il Pacific Trash Vortex o Great Pacific Garbage Patch, la grande isola di plastica che galleggia nell’Oceano Pacifico, tra la California e le Hawaii. Si tratta di un sistema di lunghi bracci fluttuanti che si allungano sulla superficie del mare, dove si trova la maggior parte della plastica, e convogliano i rifiuti verso appositi raccoglitori. La disposizione di questa struttura non danneggia la vita marina e in questo modo i pesci possono continuare a percorrere indisturbati le loro rotte.
Risale ad alcuni anni fa la scoperta di cinque immensi vortici, originati dalle correnti oceaniche al centro degli oceani, in cui si ammassano i rifiuti di plastica. Una quantità enorme, circa 270 000 tonnellate, che aumenta di 8 milioni di tonnellate all’anno. In queste gigantesche isole di plastica galleggianti gli animali possono rimanere intrappolati. I rifiuti di plastica, inoltre, si degradano con il sole frantumandosi in pezzi sempre più piccoli che non spariscono, ma possono entrare a far parte della catena alimentare e mettere in grave pericolo la fauna ittica. In alcuni campioni di acqua prelevati nel 2001 dal vortice del Pacifico settentrionale la quantità di particelle di plastica è risultata sei volte maggiore dello zooplancton. Non sono soltanto i pesci a essere danneggiati: 1 milione di uccelli marini e 100 000 mammiferi marini muoiono ogni anno a causa della plastica e molte specie sono a rischio di estinzione. È anche la salute dell’uomo a rimetterci perché le sostanze inquinanti si accumulano nei pesci, arrivando poi sulle nostre tavole.
Il progetto punta a ripulire il Pacific Trash Vortex, il più vasto dei vortici, che raccoglie un terzo dei rifiuti oceanici. Si basa su una struttura pilota con due bracci lunghi in tutto 2 kilometri situata nei pressi dell’isola giapponese di Tsushima, nello stretto di Corea. Questa zona è attraversata dalla Corrente di Kuroshio, che si muove con una velocità variabile da circa 10 a 70 km al giorno. Le barriere che formano i bracci, in grado di ripulire l’acqua trasportata dalle correnti marine, potranno dimezzare entro dieci anni la quantità di spazzatura presente.
Liberare gli oceani dai rifiuti di oggi non risolve però il problema per il domani. Come si dice sul sito di “The Ocean Cleanup”, è necessario che ciascuno di noi dia il suo contributo per ridurre la quantità di rifiuti che finiscono in mare. E questo richiederà cambiamenti radicali in tutti i livelli della società.
Fare Geo
• Se vivi in una località di mare, recati su una spiaggia libera o su una scogliera e osserva l’ambiente. In caso contrario, osserva le rive di un corso d’acqua o di un lago nelle vicinanze della tua abitazione.
Individua gli eventuali rifiuti di plastica e il tipo di oggetti presenti. Prepara una breve relazione completandola con alcune immagini scattate da te.
• Prova a utilizzare il servizio Plastic Radar, che ti permette di segnalare la plastica presente sulle spiagge e in mare. Sul sito consulta anche i risultati in tempo reale relativi alla tipologia dei rifiuti segnalati e individua quali sono quelli più diffusi.