La Geografia nel cinema italiano

La Geografia nel cinema italiano

In occasione della Giornata mondiale del cinema Italiano, che cadrà il 20 gennaio, abbiamo sottoposto ai docenti e ai nostri autori questa domanda:

Qual è il film italiano che per la tematica o l’ambientazione ti ha dato più ispirazione per studiare e raccontare il territorio del nostro Paese? Potresti motivare brevemente la scelta e condividerla con i lettori del blog?

Gastone Breccia – autore di Geostoria

Il sorpasso, 1962 – regia di Dino Risi

I motivi della mia scelta sono tanti… il viaggio attraverso l’Italia nel cuore dell’estate, dalla città deserta al mare, luogo di felicità, percorrendo una grande strada – la SS1, l’Aurelia – che diventa avventura, cattura alcuni dei caratteri fondamentali del nostro Paese, sia del suo territorio che della sua società. E poi io sono livornese trapiantato a Roma, quella è la mia strada, il mio viaggio, fatto mille volte in macchina, in moto, in bicicletta…

Stefano Bianchi – autore di testi di Geografia e Geostoria

Lo chiamavano Jeeg Robot, 2015 – regia di Gabriele Mainetti

Il film racconta la storia di un supereroe della periferia romana. Attraverso una trama originale e divertente, offre lo spunto per affrontare il tema delle periferie urbane, luoghi spesso segnati da degrado, criminalità e disagio sociale. Nel film compaiono alcuni monumenti iconici della capitale come il Colosseo e Castel Sant’Angelo, ma la location principale è Tor Bella Monaca, frazione a est di Roma, oltre il Grande Raccordo Anulare. Un quartiere in cui molte famiglie vivono in povertà e in case popolari fatiscenti, dove però non mancano le iniziative per la riqualificazione urbana e per migliorare sicurezza e inclusione.

Giulio Latini – regista e docente

L’eclisse, 1962 – regia di Michelangelo Antonioni

Se dovessi scegliere un film italiano entro il quale si traduca intimamente la relazione tra spazio, narrazione, statuto ambiguo dell’immagine, complessità del senso, non avrei dubbio alcuno.

E ancor più precisamente la sua sequenza finale, come quasi tutta la restante pellicola girata nel quartiere EUR (E.42), tra le aree e le costruzioni edificate per accogliere le Olimpiadi del 1960 a Roma, i giardini, il laghetto. Una sequenza memorabile che vede, scomparsa dal quadro visivo, Vittoria (Monica Vitti) uscita in strada dopo essersi separata da Piero (Alain Delon), per oltre sette minuti resi in cinquantasette inquadrature, registrarsi solo i luoghi, le luci, le ombre, le persone, le cose, i suoni che avrebbero potuto testimoniare un incontro serale tra i due che, lo sappiamo già, mai avverrà. 

Il regista mostra uno spazio che sembra sospeso, astratto, metafisico, per quanto è depurato da azioni significanti. E, al tempo stesso, spazio terribilmente concreto e quasi documentario. Immagine di un paesaggio urbano destinato a rappresentare il progressivo spaesamento e la crisi profonda dell’umanità contemporanea lungo il processo di modernizzazione.

Silvi Fuschiotto – docente di Scuola secondaria

Tutta colpa del Paradiso, 1985 – regia di Francesco Nuti

In questa pellicola, all’immagine spersonalizzata della periferia romana, caratterizzata dalle forme ingombranti dei palazzi che hanno cancellato la vecchia realtà urbana, fa da contraltare il paesaggio immacolato della Valle d’Aosta. Da Tor Bella Monaca alla Val d’Ayas, che si mostra allo spettatore con le tipiche architetture dei paesini di montagna, le vette alpine sullo sfondo, i fianchi montuosi ammantati di vegetazione e l’ampia valle glaciale sottostante dal profilo ad U. 

Ritengo che in questo film siano rappresentate in maniera efficace due delle molteplici forme del paesaggio italiano e, tra le righe, della società del nostro Paese: il paesaggio dell’equilibrio, in cui uomo e ambiente si valorizzano a vicenda, e il paesaggio del degrado, del non luogo, in cui anche la dimensione umana sembra soccombere all’avanzare del cemento.

Paola Pepe – docente di Scuola secondaria, vicepresidente AIIG

Il risveglio del fiume segreto. In viaggio sul Po con Paolo Rumiz, 2012

È il racconto del viaggio del giornalista che percorre il corso d’acqua in canoa e in barca a vela. Lungo il percorso si riesce a percepire l’aspetto unico del grande fiume attraverso le voci di chi lo vive come una risorsa. Difficile non essere coinvolti dai racconti della gente che entra in relazione con il fiume parlandone come se fosse un essere vivente. Osservando i tratti più integri si riesce a sognare, immaginando che anche per le acque più degradate sia possibile una riqualificazione.

Matteo Di Napoli – geografo, docente e autore di testi per la Scuola secondaria

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, 2020 – regia di Sydney Sibilia

Il film racconta la vicenda dell’ingegner Giorgio Rosa e del suo sogno utopico di costruire un’isola artificiale al largo della Riviera Romagnola. Nel 1967 l’ingegnere diede vita a un territorio realmente abitabile su una piattaforma in acque internazionali. Il primo maggio dell’anno successivo dichiarò la nascita della “Repubblica esperantista dell’Isola delle Rose”, un vero e proprio Stato indipendente. Per tutelare i propri interessi nell’Adriatico, il governo italiano occupò militarmente l’isola il 25 giugno del 1968 e la distrusse nel febbraio 1969. Il film è quindi una riflessione sui confini, l’indipendenza dei territori, sul potere e i suoi abusi.

Lorenzo Ferrari – autore di testi di Geografia

La prima neve, 2013 – regia di Andrea Segre

È un film che, come altri lavori del regista, incrocia una dimensione molto locale – in questo caso la piccola Val dei Mocheni in Trentino – con fenomeni di portata molto più ampia, come le migrazioni dall’Africa verso l’Europa. Leggere territori circoscritti da prospettive ampie, persino globali, è un’operazione decisamente geografica. Questo film porta poi sullo schermo una zona d’Italia poco frequentata, contribuendo a far scoprire nuovi paesaggi, e territori dove gli uomini e l’ambiente vivono in modo assai integrato.

Angela Boggia – docente e membro del Consiglio Nazionale dell’AIIG

Amalaterra, 2019 – regia di Gabriele Greco

Si tratta di un docufilm della durata di 52 minuti, che racconta il dramma causato dalla Xylella, il batterio patogeno che nell’ultimo decennio ha colpito gli ulivi del Salento e che sta inesorabilmente continuando il suo viaggio di distruzione. La propagazione della malattia sta mettendo a dura prova l’economia pugliese oltre che il suo splendido paesaggio.

Più di sessanta milioni di ulivi rischiano di morire e con questi anche la tradizione di una terra che da millenni considera l’albero d’ulivo e il suo olio i beni più preziosi. Il docufilm mette a nudo la vita di semplici contadini, importanti agronomi e imprenditori che hanno provato con tutte le forze ad annientare la malattia.

Carlo Guaita – autore DLive Geografia

Il vento fa il suo giro, 2005 – regia di Giorgio Dritti

Il lungometraggio è basato sulla vera storia di un pastore francese che trova una sistemazione per la sua famiglia e le sue capre nel territorio montano isolato della Valle Maira, in provincia di Cuneo. All’iniziale accoglienza dell’esigua comunità locale, composta soprattutto da anziani, segue il dramma del rifiuto. I nuovi arrivati, per la loro mentalità e per una serie di circostanze, scatenano l’invidia e l’aperta avversione dei valligiani. Il film rappresenta in modo spietato e lucido le difficoltà dell’integrazione, e nella pellicola emerge il contrasto tra lo splendido e puro paesaggio alpino e le meschinità degli esseri umani.

Tra i nostri autori si è manifestato un forte apprezzamento per Le otto montagne, una pellicola che ha un evidente contenuto geografico.

Le otto montagne, 2022 – regia di  Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch

Maria Grazia Savino – autrice di testi di Geografia

Questo film, tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Cognetti, è la storia di un’amicizia tra due giovani molto diversi tra loro ma uniti dall’amore per le montagne della Valle d’Aosta. La montagna non è semplice cornice della storia: ci insegna un modo diverso di vivere la vita, fatto di silenzi e pause nei quali è possibile ritrovare se stessi. Il film diventa l’occasione per parlare di un ambiente naturale tra i più minacciati dalle attività umane (impianti di risalita, strutture ricettive) e dalla crisi climatica, con lo scioglimento dei ghiacciai che «sono la memoria degli inverni passati che la montagna custodisce per noi».

Luca Mercalli – climatologo, divulgatore scientifico, autore di testi di Geografia

L’ambiente della montagna alpina è il vero protagonista del film. Senza questo fondale la storia degli uomini che vi si dipana sarebbe banale, ordinaria. Geografia fisica e umana si fondono invece in queste scene, dove la bellezza di vette, pascoli e ghiacciai modifica la vita delle persone.

Alberto Fré – docente e autore di testi di Geografia

Nelle immagini del film il paesaggio è protagonista. Gli uomini dei monti conducono una vita povera, semplice ma genuina. L’uomo di città cerca, nell’amicizia e nella vita ad alta quota, un rifugio dalla frenesia moderna. Le vette rappresentano una sfida contro se stessi e contro il mondo.
Il paesaggio alpino è fatto di parole geograficamente importanti: valli, crinali, spartiacque, picchi, pascoli, boschi e rocce; esso rappresenta se stesso ma anche altro. Diventa simbolo dei sentimenti, dei pensieri, dell’anima stessa dei personaggi. 
Le Otto Montagne è stato un tassello importante nel quadro delle mie passioni geografiche, perché rappresenta uno degli aspetti più importanti di questa materia complessa e ricca: sicuramente conoscere il territorio, ma anche viverlo e amarlo.


Se desideri riflettere sull’importanza dei filmati per la didattica della Geografia, puoi seguire il webinar gratuito

Videoreportage: l’ascolto del territorio
con Enrico Squarcina, Giulio Latini e Matteo Di Napoli

il 31 Gennaio
ore 17:00 – 18:00

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