
Un tempo, dalla spesa si tornava con imballi di carta, bottiglie di vetro, scatole di metallo, sacchi di tela e cestini intrecciati. Oggi i nuovi acquisti, soprattutto alimentari, sono spesso avvolti in involucri plastificati, di cui non tardiamo a disfarci appena possibile, aumentando a dismisura l’entità dei rifiuti urbani inquinanti. Certo, gli attuali imballaggi presentano grandi vantaggi: sono più igienici e resistenti, e permettono agli alimenti di rimanere freschi più a lungo. Ma, per utilizzarli più consapevolmente, è bene conoscerne anche gli effetti collaterali meno virtuosi, collegati alla loro produzione e al loro smaltimento. Oggi, però, anche per la plastica si può costruire un percorso di riduzione, riuso e riciclo, e l’Unione Europea ha dettato in proposito alcune direttive in una prospettiva di sostenibilità.
Il consumo di plastica in Europa
Gli imballaggi sono tra i principali prodotti a impiegare materiali vergini: il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzate nell’UE sono infatti destinati agli imballaggi. Ad oggi, in Europa si producono di media oltre 35 kg pro capite all’anno solo di imballaggi di plastica (Eurostat). Considerando la leggerezza della plastica e la dimensione della popolazione, si capisce come questo sia a tutti gli effetti un problema.
L’Unione Europea ha quindi sviluppato la Direttiva quadro sui rifiuti, che pone degli obiettivi stringenti per gli Stati membri sulla gestione dei rifiuti, tra cui il target di riutilizzo e riciclo del 60% dei rifiuti urbani entro il 2030.
Il riciclo dei rifiuti
L’economia circolare dà una nuova vita ai prodotti che utilizziamo, che, invece di essere destinati a discarica o incenerimento, possono essere riciclati. La seconda vita dei prodotti può essere diversa dalla prima: per esempio dalle bottiglie di plastica si può passare a uno zaino o a un paio di scarpe.
Il processo comincia a partire dai bidoni colorati della raccolta differenziata che tutti conosciamo, diffusi ormai capillarmente in Italia, seppur con qualche differenza di gestione tra aree geografiche. Avviene poi il trasporto dei diversi materiali fino all’impianto di trattamento.
Per quanto riguarda la plastica, il primo passo consiste nello smistamento dei rifiuti per colore e per tipologia, distinguendo per esempio il PET delle bottiglie dall’HDPE dei flaconi di detersivo. I rifiuti vengono poi lavati, macinati e scaldati, secondo trattamenti variabili, ottenendo infine dei granuli.
Questo è però solo il primo passo per l’effettivo riutilizzo, perché i granuli di plastica devono essere trasportati ad altri impianti dove proseguiranno la propria trasformazione.
La seconda vita della plastica
La seconda vita della plastica può avere diversi utilizzi, dall’abbigliamento all’arredamento, ai componenti edili o delle automobili fino ad altri imballaggi. Questo ciclo può avvenire più di una volta, ma poi gradualmente i polimeri vengono danneggiati e non sono più in grado di garantire le stesse proprietà.
Secondo il rapporto “Il Riciclo in Italia 2024”, nel nostro Paese il 75% dei rifiuti da imballaggi viene riciclato. Inoltre, in Italia il 20,8% dei materiali utilizzati dell’industria proviene dal riciclo dei rifiuti (2023), quasi il doppio della media europea dell’11,8%. La cifra può sembrare alta in termini relativi, ma resta il fatto che i 4/5 delle materie prime sono vergini, cioè non derivate dal riciclo.
Tasso di riciclo in Italia. Tasso di utilizzo circolare di materia in Italia e confronto con i principali Paesi UE.
Il sistema di vuoto a rendere
In Italia si fa affidamento sulla buona volontà dei cittadini per riciclare, con risultati soddisfacenti, mentre in altri Paesi si è pensato di introdurre anche un incentivo economico.
In Germania da ormai decenni si utilizza la pratica del vuoto a rendere, in tedesco pfand, che consiste nel restituire le bottiglie vuote ricevendo in cambio pochi centesimi. Quando si comprano le bottiglie di plastica, queste hanno una piccola maggiorazione di prezzo, una sorta di deposito, che viene restituita una volta che la bottiglia è riposta nell’apposito contenitore di riciclo. Per i tedeschi, quindi, le bottiglie vuote non sono assolutamente un oggetto da accartocciare e buttare via, ma rappresentano un valore monetario.
Questo processo riguarda diversi tipi di bottiglie: alcune di queste vengono “ricondizionate” e riutilizzate nella loro forma, come quelle in vetro o in plastica resistente, altre invece vengono riciclate, come quelle in PET più sottile. Negli ultimi anni il sistema ha portato alla restituzione di una quota di ben oltre il 90% delle bottiglie. Il sistema del vuoto a rendere non ha trovato applicazione solo in Germania, ma anche in altri Paesi del Nord Europa, come Danimarca, Estonia, Finlandia e Svezia, con risultati altrettanto virtuosi.
Ridurre e riutilizzare
Il virtuoso sistema tedesco prevede il riciclo (ma non il riutilizzo) di numerose bottiglie monouso. Il trattamento di riciclo, però, richiede comunque l’utilizzo di energia, acqua e tempo, che si potrebbero risparmiare riutilizzando gli oggetti nella propria forma originaria.
A tal proposito, secondo la Direttiva quadro sui rifiuti, la prevenzione e il riutilizzo sono prioritari. A rafforzare la direttiva nell’ambito specifico degli imballaggi, a partire dall’11 febbraio 2025 è entrato in vigore il nuovo Regolamento 2025/40 su imballaggi e rifiuti di imballaggio dell’UE, che poi dovrà essere applicato nei Paesi membri entro 18 mesi.
L’obiettivo è quello di ridurre gli imballaggi e di riutilizzarli tramite dei sistemi di refill, cioè di riempimento e ricarica degli stessi contenitori. Per esempio, ci saranno limitazioni sull’imballaggio di frutta e verdura al di sotto di 1,5 kg e si ridurranno le monoporzioni di zucchero nei bar e di condimenti nei ristoranti.
Già la direttiva europea “Single Use Plastic” (2019/904), attuata in Italia a partire da gennaio 2022, aveva rappresentato un passo importante verso la riduzione del consumo monouso. Il provvedimento prevede il divieto di commercio di piatti, bicchieri e posate monouso di plastica. Questi oggetti sono quindi stati sostituiti da alternative in bioplastica e materiali derivati dai vegetali. Tali materiali, se riportano la dicitura “compostabile”, possono essere buttati nell’organico.
Questa normativa è stata utile per ridurre la plastica, tuttavia non tutti questi materiali sono compostabili negli impianti attuali di trattamento FORSU (Frazione Organica Rifiuto Solido Urbano) e vengono quindi assimilati ai rifiuti indifferenziati, vanificando lo spirito della direttiva europea.
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Consumare meno
Cambiando prospettiva, una soluzione per ridurre il consumo di plastica potrebbe essere a portata di tutti. Secondo alcuni report (tra cui “Acqua in bottiglia 2018” di Legambiente e Altroconsumo o quello più recente di Unesda del 2022), l’Italia è il primo Paese europeo per il consumo di acqua in bottiglia. In molti Comuni, però, l’acqua del rubinetto è potabile. Il primo passo per ridurre il consumo di plastica, quindi, potrebbe essere quello di iniziare a riempire la caraffa dal lavandino invece di continuare a comprare pesanti bottiglie in PET avvolte in ulteriori film di plastica.
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Conclusione
Il trattamento dei rifiuti è un tema all’ordine del giorno delle maggiori istituzioni nazionali ed europee, e le tecnologie per lo smaltimento si sono affinate nel tempo, scoprendo nuovi materiali e nuovi metodi di riutilizzo o di calcolo di LCA (Life Cycle Assessment, la “valutazione del ciclo di vita” dei prodotti per stimarne emissioni di anidride carbonica e consumi energetici e di acqua).
D’altra parte, le direttive Europee stanno gradualmente ponendo dei vincoli per sviluppare un sistema di gestione dei rifiuti più sostenibile. Non dimentichiamo, però, che anche le nostre scelte quotidiane possono fare la differenza, indirizzandosi verso cicli di consumo e di smaltimento più sostenibili.
Fare Geo
- Individuate tre prodotti che provengono da materiali riciclati, almeno per una loro percentuale. Per ognuno di essi, preparate una scheda informativa che comprenda: l’immagine del prodotto, la sua composizione, la sua origine, le modalità di smaltimento.
- Raccogliete informazioni sulla raccolta differenziata nel vostro Comune di residenza. Oltre ai materiali come plastica, carta ecc., cercate dove si gettano batterie, componenti di elettronica, oggetti in alluminio, tetrapack, bioplastica.
- In molti Comuni italiani l’acqua del rubinetto è potabile. Cercate informazioni in proposito riguardo all’area dove abitate, navigando nel sito del Comune o del Gestore del servizio idrico.
- La spesa al supermercato porta nelle vostre case molti imballaggi di plastica. Analizzate alcuni prodotti particolarmente inquinanti da questo punto di vista e discutete in classe su quali possano essere le soluzioni per ridurre l’utilizzo degli imballaggi monouso.