Dopo la riflessione sui diritti dei lavoratori nel settore dell’abbigliamento e della moda, esploriamo qui un altro aspetto del fast fashion che ci interroga da vicino. Vi siete mai chiesti, davanti a una vetrina, quale percorso ha compiuto un abito prima di arrivare davanti ai vostri occhi? Oppure che fine farà quando, magari dopo averlo usato poche volte, decidete di buttarlo? Sono domande che raramente emergono in fase di acquisto, ma è bene essere consapevoli che ogni bene che consumiamo ha una storia e un impatto non trascurabile in ogni stadio di produzione, uso e smaltimento. E questo vale anche per i vestiti. Proviamo qui a seguire le varie fasi di produzione di un comunissimo capo di abbigliamento: una maglietta bianca di cotone.
Dove inizia il viaggio?
La T-shirt è uno degli indumenti più comuni: in Italia se ne comprano ben 2 miliardi l’anno. La sua produzione ha inizio con la raccolta della materia prima: il cotone. Questa fibra tessile viene coltivata soprattutto in Cina, India e Stati Uniti.
Il cotone è una fibra naturale, quindi procurarselo non dovrebbe avere nessun impatto sull’ambiente e sul clima. In realtà, la coltivazione del cotone richiede una quantità superiore a qualsiasi altra coltivazione in termini di acqua (ne servono 2700 litri per realizzare una maglietta standard), fertilizzanti e pesticidi, che sappiamo essere dannosi per la salute umana e degli ecosistemi. L’Organic Cotton è il cotone proveniente esclusivamente da coltivazioni biologiche controllate, che non utilizza pesticidi e fertilizzanti, e necessita del 10-20% dell’acqua richiesta dalla coltura tradizionale. Purtroppo rappresenta solo l’1% della produzione globale.
Da fibra a tessuto
Il cotone raccolto viaggia per il mondo e viene trasportato nei Paesi in cui è destinato a essere lavorato. Attraverso vari processi industriali, diventa prima filato e poi tessuto. A seconda della destinazione finale, il tessuto viene trattato con la candeggina o la tintura (così sono colorati il 70% dei tessuti). Le operazioni di tintura comportano l’impiego di sostanze tossiche come cadmio, cromo e mercurio che, rilasciate nei fiumi e in mare, possono contaminare vasti ecosistemi. La tintura può quindi risultare la fase più inquinante dell’intero processo.
In questo modo, il processo danneggia, oltre che i lavoratori che operano a contatto con queste sostanze, anche le comunità che vivono nelle zone circostanti. Il governo indiano ha provato infatti a regolamentare il settore, ma poiché i produttori non riescono a soddisfare contemporaneamente gli standard ambientali e le richieste del mercato, finiscono per tingere illegalmente.
Da tessuto a indumento
Una volta preparati, i tessuti compiono lunghi viaggi su navi, camion o treni per raggiungere le fabbriche manifatturiere dove diventano indumenti. Questi continui viaggi per il globo contribuiscono all’alto impatto del settore dell’abbigliamento sulle emissioni globali, facendone il secondo più inquinante al mondo, preceduto solo dal settore del fossile.
Nelle mani del consumatore
Alla fine di questo tragitto, la maglietta arriva finalmente nelle mani del consumatore, dove inizia una nuova vita, non meno bisognosa di risorse rispetto alla fase di produzione. È infatti destinata ad alimentare continuamente lavatrici e asciugatrici. Questi elettrodomestici hanno sicuramente reso la vita molto più semplice, ma comportano un consumo consistente di energia e acqua.
La buona notizia è che possiamo ridurre gli sprechi con semplici accortezze: azionare la lavatrice solo se piena, scegliendo un programma di lavaggio a basse temperature e con meno giri di centrifuga, non esagerare con i detersivi, stendere i panni al posto di usare l’asciugatrice.
Fine o seconda vita?
La nostra storia potrebbe concludersi così, con la maglietta utilizzata per lungo tempo e conservata nell’armadio di casa. Eppure spesso questo non accade: nella maggior parte dei casi, infatti, ci liberiamo dei vestiti che non abbiamo più voglia di indossare. Il viaggio della T-shirt può così terminare in discarica. Questa scelta ha una ricaduta importante sull’ambiente che si aggiunge a tutti i danni ecologici provocati dalla maglietta di cotone durante il suo viaggio precedente.
Esiste però un’alternativa. Un indumento 100% cotone, infatti, è facilmente riciclabile e può godere di una seconda vita. Una scelta certamente più attenta, tuttavia, se le condizioni di riciclo non sono regolamentate con trasparenza e richiedono l’uso di sostanze nocive, anche questa soluzione può risultare molto dannosa. In India, per esempio, i vestiti da riciclare vengono immersi in vasche piene di candeggina e altre sostanze chimiche per sbiancarli, in modo che una volta tolto il pigmento possano essere riciclati a nuovo filo. Pur trattandosi di riciclo, è un processo tutt’altro che sostenibile: tali sostanze vengono inalate da chi lavora in fabbrica e l’acqua reflua viene rilasciata nei campi, avvelenando le coltivazioni.
Chi ci guadagna?
Al termine del lungo viaggio che ha portato la maglietta di cotone dalle piantagioni alle nostre case, possiamo affrontare la questione in termini economici e chiederci come vengono distribuiti i costi e i profitti di questo lungo e articolato percorso.
Immaginiamo di acquistare una maglietta di cotone in un negozio al costo di 29 €. I nostri soldi vengono ripartiti in questo modo:
Quota | Beneficiario | Percentuale |
17,00 € | guadagno del negoziante | 59% |
3,61 € | profitto del brand | 12% |
3,40 € | acquisto materia prima (cotone) | 12% |
2,91 € | trasporto a destinazione | 8% |
1,20 € | intermediari | 4% |
1,15 € | profitto della fabbrica produttrice | 4% |
0,27 € | costi generali | 0,9% |
0,18 € | salario dei lavoratori | 0,6% |
Fare Geo
- Prova a consultare le etichette delle magliette in cotone che possiedi: in quali Paesi sono state prodotte? Quanti chilometri hanno percorso prima di arrivare nel negozio i cui hai fatto l’acquisto?
- Rifletti sul tuo comportamento in tema di riciclo. Da quanto tempo possiedi le magliette? Hai mai gettato vestiti usati negli appositi contenitori per il riciclo e lo smaltimento?
- Prova a compiere una ricerca per comprendere quali operazioni vengono compiute per riciclare una maglietta di cotone. Cercando su internet puoi trovare diversi modi per il riutilizzo dei tessuti di cotone: ce ne è qualcuno che ti piacerebbe sperimentare? Perché?