Nei giorni scorsi a Rio de Janeiro si è trattato a livello globale il tema dello sviluppo sostenibile.
Ma cosa si intende con questa espressione? Quando si parla di sviluppo sostenibile, più piani sono chiamati in causa: la necessità di rendere più equo lo sviluppo economico, puntare al benessere dell’umanità tutta e al tempo stesso ottenere questi risultati nel rispetto dell’ambiente.
Infatti, uno sviluppo disordinato e aggressivo, incurante delle ripercussioni sulla qualità di aria, acqua, terreni, e disposto a trasformare il volto della terra pur di accumulare ricchezza per una parte esigua di popolazione è palesemente “insostenibile”.
“Insostenibile” nel senso proprio del termine: il pianeta su cui viviamo non è in grado di sostenere ancora a lungo l’impatto delle nostre attività e dell’eccesso del consumo di risorse che ne consegue. Per questo già nel 1990 è stato coniato il termine di “impronta ecologica”, un’unità di misura che consente di calcolare l’impatto delle attività umane sul pianeta e sulle sue capacità di rigenerarsi.
Il pianeta mette a disposizione degli esseri viventi le sue risorse e in sé il loro consumo non è un fatto negativo. Il problema sorge quando le risorse consumate superano la capacità di rigenerarsi del pianeta.
“Oggi l’umanità usa il corrispettivo di 1,3 pianeti ogni anno”, si legge sul sito Global Footprint Network. “Ciò significa che oggi la Terra ha bisogno di un anno e quattro mesi per rigenerare quello che usiamo in un anno” e se l’attuale trend di crescita demografica unito al trend di consumo globale continuassero così, “entro il 2050 avremo bisogno dell’equivalente di due pianeti per il nostro sostentamento”, con un’erosione delle risorse catastrofica.
Purtroppo questa situazione di rischio, denunciata chiaramente ormai da più di vent’anni dalle maggiori organizzazioni internazionali che si occupano di ambiente (tra cui il WWF), non hanno visto nelle abitudini di vita dei cambiamenti adeguati. Sul Living Planet Report del 2012 (qui la sintesi in italiano), un documento elaborato annualmente dal WWF per fare il punto sull’impronta ecologica globale, si legge che tra il 1970 e il 2008 la biodiversità è diminuita di circa il 30% e che dal 1966 ad oggi la domanda di risorse naturali è raddoppiata.
Inoltre, dice il report del WWF, “i paesi ad alto reddito hanno un’impronta 5 volte più elevata dei paesi a basso reddito”.
È proprio così: l’impatto delle attività umane sul pianeta non è ovunque lo stesso. Per esempio, se tutti gli abitanti della terra vivessero adottando lo stile di vita di un americano medio, si legge sul già citato sito dedicato all’impronta ecologica, oggi “avremmo bisogno di 5 pianeti” per rispondere al nostro fabbisogno.
Su questo sito è possibile consultare una sezione dedicata all’impronta ecologica dei vari paesi. Ecco lo schema che corrisponde al consumo di risorse dell’Italia:
Come si deduce dall’immagine, le risorse che consumiamo sono di gran lunga superiori a quelle di cui disponiamo. È importante prendere coscienza di questo fatto e iniziare ad agire in prima persona per la riduzione dell’impatto sul territorio in cui viviamo.
Come?
Riducendo i consumi energetici (spegnere le luci e chiudere il rubinetto quando non sono necessari; spegnere gli elettrodomestici inutilizzati e non lasciarli in stand-by, eccetera), contribuendo alla raccolta differenziata per il riciclaggio delle materie per gli imballaggi e non solo, utilizzando il più possibile i mezzi pubblici e la bicicletta e riducendo all’essenziale l’uso di mezzi a combustione (automobili, motorini, eccetera), acquistando meno e di preferenza prodotti biologici ed ecocompatibili…
Fare geo
Vuoi sapere qual è la tua impronta ecologica?
Ecco il link per calcolarla! Se non sai rispondere ad alcune domande, chiedi ai tuoi genitori.
– Insieme stabilite come potreste ridurre l’impatto ambientale della vostra famiglia.
– Scrivi una breve relazione e confronta il tuo consumo di risorse con quello dei tuoi compagni.
– Cosa potete fare nella vostra classe per influire positivamente sull’impronta ecologica?