Continuiamo la serie sugli esploratori per raccontare le loro imprese e provare a offrire uno “sguardo nuovo” sul mondo. Oggi, apparentemente, la superficie della Terra non ha più segreti. Esistono invece nuovi esploratori che, spinti da ulteriori domande e da un rinnovato impegno ambientale, ci dimostrano esattamente il contrario e alimentano il nostro desiderio di conoscere direttamente l’infinita varietà dei territori del nostro Pianeta e dei loro abitanti
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.
Marcel Proust
Mario De Stefano è un botanico che si occupa di ecologia marina. Insegna all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e da oltre quindici anni studia alcune tipologie di alghe microscopiche: le diatomee. Seguiamolo nelle sue esplorazioni alla scoperta dei segreti di questi straordinari organismi: il suo sguardo su questo affascinante mondo microscopico ci apre nuovi orizzonti per il futuro sostenibile del pianeta.
In giro per il mondo a caccia di diatomee
Mario De Stefano ha scoperto nuove specie di alghe durante le sue missioni di esplorazione in giro per il mondo, che lo hanno portato fino in Antartide. Le diatomee, infatti, vivono ovunque, in ogni continente, in colonie immense di miliardi di esemplari. Si trovano nelle acque superficiali (a meno di 100 metri di profondità) per poter ricevere i raggi luminosi e attivare il processo fotosintetico.
Nelle sue esplorazioni, Mario non lascia nulla al caso. Le diatomee sono organismi piccolissimi, visibili solo al microscopio, ma si adagiano su altri organismi vegetali più grossi. Quindi i biologi, come Mario, che le studiano per prima cosa analizzano attentamente il loro habitat e poi si immergono in mare con l’attrezzatura da sub per prelevare gli organismi su cui vivono e poterli analizzare e studiare.
Un microcosmo sorprendente
Dalle sue spedizioni Mario torna in laboratorio con campioni da osservare al microscopio. Una volta analizzate nel dettaglio, le diatomee colpiscono per la loro morfologia: possiedono forme che rivelano una geometria complessa e meravigliosa.
Di fronte a tanta bellezza Mario ha avuto un’intuizione: «Il loro corpo funziona come una lente, cattura la luce in un modo molto efficace. Parlando con mio cugino, un fisico, ho pensato che ispirandosi alle diatomee era possibile progettare dei pannelli solari più piccoli ed efficienti di quelli attuali, producendo così energia in modo sostenibile per l’ambiente».
In questo senso, le diatomee saranno sempre più utili. Mario De Stefano è ottimista: «Esplorare la natura, cercare soluzioni ispirate alle piante è il modo migliore per aiutare la natura stessa. Nella lotta al cambiamento climatico le microalghe lavorano per noi, per mantenere l’ambiente pulito e sano».
Nei prossimi anni, i pannelli fotovoltaici imiteranno la struttura delle diatomee e saranno capaci di catturare ancora meglio la luce del sole per donarci energia pulita.
Copiare dalla natura: la biomimetica
Come scienziato, De Stefano segue un principio molto importante: la biomimetica. Questa parola (dal greco, “imitazione della vita”) indica lo studio della natura come fonte di ispirazione per le tecnologie umane. Realizzare invenzioni ispirate alla natura presenta grandi vantaggi per il contrasto all’inquinamento e al cambiamento climatico: i sistemi naturali infatti non producono rifiuti o sprechi.
Gli scienziati, dunque, osservano il comportamento degli animali e le particolarità delle piante in cerca di idee per produrre manufatti industriali in modo ecosostenibile, cioè utilizzando fonti energetiche rinnovabili e riducendo al massimo gli scarti nocivi, senza sfruttare le risorse della Terra. In questo modo, nel tempo, hanno realizzato invenzioni biomimetiche che oggi sono molto diffuse.
Invenzioni ispirate da animali e fiori
Nel 1941 nacque il velcro, quel nastro che serve, per esempio, per stringere le scarpe da ginnastica con lo “strappo”. Il suo inventore si ispirò a una piantina fiorita, la bardana, dotata di minuscoli uncini che si attaccavano e si staccavano da altri tessuti senza danneggiarsi. Nacque così un’alternativa alla colla sintetica, spesso prodotta con sostanze tossiche.
Un sistema simile ma più recente è un nastro adesivo ispirato al geco, un piccolo rettile che si arrampica sui muri senza scivolare. Il suo potere deriva dalle zampette che non possiedono ventose ma microscopici peli superaderenti. Da questo studio è nato il gecko tape, un materiale che sarà utilizzato per le tute di astronauti e militari impegnati in missioni difficili.
E le diatomee?
Le diatomee, oltre a ispirare nuovi progetti di pannelli fotovoltaici, si sono spinte più in là. Biologi, ingegneri, chimici e perfino designer hanno studiato a fondo le opportunità di trasferimento delle caratteristiche fotoniche, meccaniche, morfologiche e strutturali delle diatomee a nuovi settori produttivi. Sono nati così progetti innovativi e originali.
La parete cellulare delle diatomee forma una specie di guscio, costituito da due valve speculari che si chiudono formando una specie di piccola scatola. La superficie di queste valve è perforata finemente e crea strutture tridimensionali regolari che si ripetono nello stesso ordine. Grazie a queste caratteristiche del guscio e alla loro capacità di assorbire la luce, le diatomee sono state proposte come sensori ottici.
Lo stesso concetto – la struttura forata delle diatomee – ha ispirato anche la costruzione di un particolare casco sportivo (Diatom Helmet), premiato come progetto più innovativo al Maker Faire Rome 2014. Questo casco presenta una superficie forata sul modello del guscio delle diatomee ed è in grado di garantire anche una diminuzione del peso complessivo e una migliore vestibilità.
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