Le città hanno un ruolo strategico per l’adattamento al cambiamento climatico. Attraverso l’analisi delle problematiche più sensibili del contesto urbano, affrontiamo alcuni aspetti legati alle città di oggi in una prospettiva di sostenibilità ambientale, economica e sociale: dopo l’approvvigionamento energetico, la mobilità, la gestione delle acque e le caratteristiche degli edifici approfondiamo il tema della raccolta, dello smaltimento e della rigenerazione dei rifiuti.
I rifiuti urbani in Italia
Tutte le volte che consumiamo un prodotto, di qualsiasi tipo, produciamo dei rifiuti. Dagli imballaggi agli scarti di frutta e verdura, dai fogli di carta ai computer che non funzionano più. Si stima che in Italia ogni abitante produca 1,38 kg di rifiuti al giorno. (Rapporto Rifiuti Urbani ISPRA, 2022). La spazzatura è quindi un settore che ci riguarda molto da vicino. Eppure, quanto sappiamo di quel che accade ai nostri rifiuti dopo che li abbiamo prodotti?
Per fare chiarezza sul comportamento dell’Italia nello smaltimento dei rifiuti, è utile consultare le statistiche riportate dall’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
In base alla serie di dati e documentazione raccolti dall’ente, si apprende che a partire dagli anni ’70 la produzione di rifiuti urbani pro capite è aumentata a ritmi spaventosi. La rotta si è invertita solo nel 2006, assestandosi nel 2021 sul valore di 502 kg per abitante all’anno.
Di questa quantità la percentuale avviata alla raccolta differenziata (RD) ammonta al 64% considerando la media nazionale, con alcuni Comuni molto virtuosi che svettano oltre l’83% (Treviso, Mantova e Belluno). Tra la frazione oggetto di differenziata la più presente è la materia organica, seguita da carta, plastiche e vetro.
I progressi nella gestione dei rifiuti urbani
Nell’ultimo decennio la quantità totale di rifiuti prodotti è rimasta più o meno invariata; ciò che è cambiato è la sua gestione: si è infatti osservata una riduzione continua della percentuale destinata alle discariche, in favore di un aumento della raccolta differenziata. Questa tendenza non è ancora perfettamente in linea con gli obiettivi europei, che prevedono lo smaltimento in discarica al massimo per il 10% dei rifiuti; l’Italia infatti raggiunge il 19% (dato del 2021). L’incenerimento con recupero energetico invece è il destino per il 18% dei rifiuti, con 37 impianti in tutta Italia.
Anche il tasso di riciclo è in aumento per molti materiali. Mentre sono stati già superati i target previsti per il 2035 per vetro e alluminio, quelli per i RAEE e le pile fissati al 2019 sembrano ancora obiettivi lontani. Il problema risiede non nella tecnologia di riciclo, ma nella raccolta: c’è infatti poca consapevolezza di quanto i nostri dispositivi elettronici siano una vera e propria “miniera” di materie prime difficili da reperire.
Le differenze regionali
I dati presentati finora rappresentano una visione generica del Paese, ma in realtà si riscontrano anche grandi variazioni dalla media a livello regionale e comunale. È interessante notare come al Sud, dove la differenziata raggiunge livelli meno alti, il costo di gestione dei rifiuti che grava su ogni abitante l’anno sia più alto di quello al Nord. Colmare questo gap, stando al rapporto di ISPRA, dovrebbe essere oggetto di importanti investimenti del PNRR.
Un altro aspetto che va sottolineato è che non tutto ciò che consumiamo viene smaltito all’interno dei confini nazionali: solo nel 2021 l’Italia ha esportato 659 mila tonnellate di rifiuti, prevalentemente verso Austria, Portogallo e Spagna.
Infine, uno sguardo al contesto europeo: relativamente alle percentuali e alla tipologia di smaltimento dei rifiuti urbani, l’Italia occupa una posizione mediana rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, rientrando nella media dei valori europei.
New York
Il caso di New York ci aiuta a dare anche una dimensione storica alla questione e a rispondere alla domanda: quando i rifiuti urbani hanno cominciato a rappresentare un problema? Gli esseri umani da sempre hanno generato degli scarti, ma finché la densità della popolazione e lo sfruttamento delle risorse si mantenevano a livelli bassi, il loro impatto era abbastanza irrilevante.
Le prime preoccupazioni si sono manifestate nella New York del 1657, allora New Amsterdam: un’ordinanza di quell’anno riportava di cittadini che gettavano la spazzatura per le strade creando disagi e pericoli per la salute. Molte cose sono cambiate da quel periodo, ma la gestione dei rifiuti urbani nella metropoli americana non si è evoluta allo stesso ritmo degli altri settori. Infatti la città è rimasta a lungo tristemente nota per le strade dall’odore sgradevole e colme di spazzatura.
Oggi la quantità di rifiuti prodotti in città è talmente alta che oltre alla gestione pubblica, che si occupa della raccolta dei rifiuti urbani, è necessaria una gestione a opera di privati, che si prende carico degli scarti prodotti dalle aziende.
Il Dipartimento di sanificazione della città, il DSNY, raccoglie 12 mila tonnellate di rifiuti ogni giorno, su un’area di oltre 10.000 km2. Ma in tutta New York non sono presenti siti sufficienti per lo smaltimento, così il 60-70% dei rifiuti raccolti finisce, con trasporto navale o ferroviario, nelle discariche di Ohio, Virginia, New Jersey.
Tokyo
Come New York, anche la capitale giapponese nel suo rapido sviluppo ha dovuto fare i conti con una vertiginosa crescita di spazzatura. A differenza della metropoli statunitense, però, Tokyo ha cercato un modo efficiente di gestire la questione in loco, con rigide normative che dagli anni ’90 toccano temi più che mai attuali: le discariche e il riciclo.
La città colpisce i turisti per la pulizia maniacale e la totale assenza di bidoni per le strade: poiché ogni persona è responsabile della spazzatura che genera, i giapponesi non la abbandonano per le vie pubbliche, ma sono soliti portarla a casa per poterla differenziare.
I cittadini si dedicano con molta attenzione alla differenziazione dei rifiuti, rendendo il Giappone la nazione con il più alto tasso di riciclo di plastica al mondo (85%). Tuttavia, questo risultato nasconde un lato oscuro: la smodata diffusione della plastica monouso di bottigliette e imballaggi, molto spesso superflui ed evitabili.
Per i rifiuti indifferenziati Tokyo si serve di tecnologici termovalorizzatori, Nerima e Toshima: questi impianti si trovano in aree densamente popolate e sono perfettamente integrati nel contesto urbano, con emissioni ben al di sotto dei limiti, grazie ai numerosi filtri posti in coda alla combustione dei rifiuti. Sicuri quindi, ma anche vantaggiosi per i quartieri vicini, che vengono riforniti di calore ed elettricità. Persino la piscina comunale è riscaldata grazie a un termovalorizzatore.
New Delhi
Un’altra città, o meglio megalopoli, che vale la pena analizzare è New Delhi. Con la sua area metropolitana di oltre 20 milioni di abitanti, la capitale indiana è una delle città più inquinate al mondo. A questo triste primato contribuisce in larga misura la discutibile strategia per la gestione dei rifiuti, cioè le discariche.
Infatti, in mancanza di impianti di recupero, oltre la metà dei rifiuti non viene riciclata e si accumula andando a formare enormi montagne di rifiuti che ormai hanno superato in altezza il Taj Mahal. Questo ha conseguenze gravissime sull’ambiente e sulla salute umana e animale.
Di fronte a una situazione ormai degenerata e molto pericolosa, si è finalmente deciso di adottare delle misure per porre fine a questo fenomeno. L’amministrazione sta agendo da un lato con il divieto della plastica monouso e dall’altro con l’impegno a risanare le discariche rimuovendo i rifiuti e inserendoli in programmi di riciclo.
Le città virtuose
Gli approcci allo smaltimento dei rifiuti urbani variano molto tra di loro. In alcuni casi si decide di intervenire con multe e tasse per chi non rispetta le norme, in altri si distribuiscono sconti o bonus (per esempio per i trasporti pubblici) a chi fa la raccolta differenziata.
Un aspetto, però, accomuna le città che si sono distinte come più sostenibili ed è quello di essersi poste obiettivi ambiziosi. Ne è un esempio Vancouver, in Canada, che nel 2011 ha preso l’impegno di diventare il Comune più green del mondo, adottando un piano che la proteggesse dagli impatti del cambiamento climatico. Per farlo ha investito molto sull’economia circolare, puntando ad avere un tasso di riciclo dell’80%. Tra i veri progetti messi in campo c’è la raccolta di mozziconi per produrre pellet e la sperimentazione di un asfalto fatto con plastica riciclata.
In Europa la prima città a fissare l’obiettivo di diventare zero waste è stata la capitale della Slovenia, Lubiana, che in dieci anni ha più che raddoppiato la sua percentuale di riciclo. Un altro importante traguardo dell’amministrazione cittadina è stato l’avere ridotto notevolmente la quantità di rifiuti indifferenziati procapite, con un risultato inferiore solo a Treviso, che produce solo 80 kg di rifiuti indifferenziati per abitante e ricicla l’87% dei rifiuti. In che modo? Dimezzando la frequenza della raccolta di questa categoria e quindi incoraggiando i cittadini a separare meglio i propri scarti.
Approfondisci l’economia circolare
Qui puoi scaricare un documento stampabile e modificabile che spiega in modo sintetico e chiaro l’economia circolare, i suoi principi e il suo funzionamento.
Fare Geo
- Fai una ricerca sul funzionamento della gestione dei rifiuti nelle seguenti città: Zurigo, Helsinki, San Francisco, Singapore. Per prima cosa colloca geograficamente le città e poi procedi alla raccolta di informazioni, organizzandole in una sintetica presentazione che esponga i pregi e i difetti individuati.
- Secondo te come si potrebbe migliorare la raccolta differenziata nella tua città? Elenca gli aspetti positivi e quelli che si possono migliorare, dando qualche suggerimento pratico. Discutine poi con le compagne e i compagni, immaginando di redigere una lettera destinata all’amministrazione comunale.
- Guardate in classe il video “Rifiuti Zero” di Rossano Ercolini, che illustra la filosofia zero waste. Dopo la visione, riflettete insieme e discutete sugli aspetti che caratterizzano questo progetto, che è anche uno stile di vita.