Volontariato internazionale: Linda sulle rotte dei migranti

Volontariato internazionale: Linda sulle rotte dei migranti

Questa nuova tappa nel mondo del volontariato ci porta a conoscere Linda, una giovane educatrice che ha seguito le rotte dei migranti in varie parti del mondo. Le sue parole, animate da una grande passione, ci fanno conoscere da vicino il dolore, la solitudine e l’invincibile speranza di chi è costretto a fuggire dalla propria patria in cerca di un futuro.

Linda-Festa

Mi chiamo Linda, ho 30 anni, sono un’educatrice e da 3 anni lavoro a scuola come insegnante di sostegno.

MONDO-Kenya-Guatemala

Come nasce l’idea di fare volontariato? 

Fin da quando ero piccola, ho sempre avuto un forte interesse ad aiutare gli altri: dal supermercato, dove passavo le ore a far passare la gente in coda, arrivando a casa tardi, fino al centro diurno dove con nonna andavo a far giocare gli anziani a tombola. Ogni volta che vedevo la gente che sorrideva per un semplice gesto gentile che facevo, mi si riempiva il cuore di una gioia immensa.

Giorno dopo giorno la passione verso l’ambito sociale è aumentata, finché ho deciso di iscrivermi a Scienze dell’Educazione per poter poi lavorare in quell’ambito. Durante la professione da educatrice ho avuto modo di lavorare con tantissimi bambini e adulti stranieri, in particolar modo provenienti dall’Africa. 

Quali sono le tue attività? 

Ho sempre avuto un forte interesse per il continente africano e nel 2018 ho deciso di fare un’esperienza in Kenya. Sono partita con un’associazione che si occupa di volontariato internazionale e ho trascorso un mese in un orfanotrofio: un turbinio di emozioni contrastanti. Vivere con 70 tra bambini e ragazzi abbandonati e sentire le loro storie è stata una dura prova a livello emotivo. I traumi causati dall’abbandono si potevano osservare ogni giorno e le bambine più grandi si dovevano occupare dei più piccoli, mamme a soli 7 anni. Durante la mia permanenza ho cercato di essere utile facendo diverse cose, dai compiti di scuola al gioco, alle pulizie.

Dopo l’Africa ho continuato a fare varie esperienze di volontariato a contatto con i migranti, e quando questi mi raccontavano le loro storie sul viaggio dal loro Paese verso l’Italia, dentro di me cresceva la voglia di vedere da vicino quello che mi raccontavano nelle loro storie, andare a vedere da vicino quei territori. 

Così, nell’estate del 2022 ho deciso di partire con l’organizzazione di volontariato No Name Kitchen che opera sul confine Bosnia-Croazia, dove cerca di dare un supporto a chi attraversa quella frontiera per entrare in Europa. È stato un mese carico di emozioni intense. Mi son ritrovata in un gruppo di 10 volontari provenienti da varie parti d’Europa, tutti desiderosi di capire a fondo quella realtà e di aiutare i migranti durante la traversata.

Noi volontari ci occupavamo ogni giorno di dare supporto ai migranti, portando loro cibo, scarpe e vestiti e condividendo dedicavamo il nostro tempo: tempo per mangiare insieme i piatti che ci preparavano, tempo per giocare a giochi del loro paese, tempo per conoscere le loro storie e capire che cosa li spingeva a partire verso l’Europa. Era un’occasione anche tempo per ridere e scherzare, per far riassaporare loro il gusto delle relazioni dopo mesi ininterrotti di cammino.

Durante la mia permanenza, durata solo un mese, ho assistito a tantissime scene crude e ho ascoltato storie che mi hanno segnata. La frontiera Bosnia-Croazia è rinomata per le innumerevoli violenze che vengono inflitte ai migranti da parte della polizia croata, che ha il compito di vietarne l’ingresso. Chi viene fermato dalla polizia deve consegnare il telefono, è derubato, gli vengono tolte le stringhe delle scarpe per rendere difficile la fuga dai campi profughi. E talvolta vengono inflitte anche pesanti violenze fisiche o umiliazioni. Per me è stato di fondamentale importanza prendere consapevolezza di ciò che vivono i migranti durante il viaggio che dovrebbe donare loro speranza e salvezza. 

Hai vissuto altre esperienze così coinvolgenti?

Un’altra esperienza mi ha segnato particolarmente. Parlo della settimana di volontariato fatta a dicembre 2022 in un campo rom in Romania. Grazie alla Fondazione dei Padri Somaschi ho avuto la possibilità di conoscere e fare volontariato nella scuola per i bambini/ragazzi del campo che si trova a Baia Mare, in Transilvania. In questa struttura non solo viene data la possibilità d’istruzione, ma ci sono anche momenti dedicati al rispetto delle regole, alla conoscenza delle buone pratiche d’igiene e al gioco, in particolare all’arte circense. In poche parole, viene data loro la possibilità di essere dei bambini.

Il campo di Baia Mare è un campo molto affollato, pieno di bambini ai quali viene negata un’istruzione. I bambini normalmente sono abituati a passare le loro giornate a raccogliere e vendere plastica, legno e ferro per portare a casa qualche soldo ai genitori o comprarsi colle da sniffare. La battaglia che portano avanti ogni giorno i responsabili di questo progetto (Giuseppe, Matteo, padre Albano e Suor Gabriella) è veramente dura. Questi volontari non si perdono mai d’animo e continuano a offrire un’alternativa alle giornate di questi bambini, per donare loro un futuro diverso dalla vita dei loro genitori.

Nel mese di agosto 2023, grazie all’ASCS – Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo, sono stata un mese in Guatemala, alla scoperta di un nuovo posto, di una nuova cultura.

Sono stata volontaria alla Casa del Migrante per comprendere un’altra realtà migratoria: la rotta americana. Questo tragitto vede coinvolte le popolazioni del Sudamerica, in particolar modo quelle di Venezuela e Colombia, che si mettono in viaggio per arrivare al Nord. La cosa che più mi ha segnato è l’immagine di numerose madri in viaggio con bambini piccolissimi e alla ricerca di una vita migliore. Il tragitto è pieno di pericoli.

Mi sembrava di risentire gli stessi racconti dei migranti che avevo incontrato l’anno prima sulla rotta balcanica, con la differenza che qua ci sono tanti bambini e non è solo la polizia a operare atti di violenza, ma anche bande ben organizzate che si trovano lungo i vari confini del percorso che va verso gli Stati Uniti. Tanti di questi migranti avevano disperazione e paura negli occhi, non sapevano come fare a continuare il tragitto avendo subito svariati furti lungo i confini e non avendo più soldi.

Nei giorni passati in struttura come volontaria, ho aiutato nella distribuzione del cibo e dei vestiti, nella conduzione dei laboratori con i bambini e nella realizzazione delle interviste. Ogni giorno passavano attraverso il confine circa 100-130 persone, e ognuno di loro aveva una propria storia, una motivazione personale che lo aveva portato a fare questo viaggio. In comune queste storie avevano violenze, furti e il sopruso esercitato contro i loro diritti. Molte donne subiscono violenza lungo il tragitto, un’esperienza tremenda. Guardavo il viso di quella gente, sentivo le lacrime di quei bambini, le storie di tante mamme sole e, più che mai, mi sono resa conto di quanto sia necessario scoprire certe realtà per poter aiutare chi vive queste situazioni.

Come ti accompagnano queste esperienze nella vita di tutti i giorni?

Ora sono un’insegnante di sostegno alla Scuola primaria e conservo un’irrefrenabile passione per i viaggi e per la scoperta dell’altro. Nel mio piccolo cerco ogni giorno di condividere le mie esperienze con i colleghi e i bambini della scuola; cerco di sensibilizzarli mostrando loro foto e video di alcune esperienze di viaggio che ho fatto e che per i bambini, ma anche per i docenti, possono essere uno spunto di riflessione su cosa succede nel mondo. Sensibilizzare alla gentilezza, alla conoscenza dell’altro, all’accoglienza.

Ci tengo a salutarvi lasciandovi con questa frase, che rimbomba forte in me, ogni giorno: il privilegio non è una colpa, è responsabilità.

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