Agire per il clima. A che punto siamo?
Il Goal 13 dell’Agenda 2030 punta a ridurre l’impatto del cambiamento climatico, i cui effetti potrebbero rendere il nostro pianeta inadatto all’uomo. Assistiamo già adesso a conseguenze ambientali preoccupanti (desertificazione, innalzamento dei mari), ma il futuro ci riserva scenari più catastrofici se l’azione di contrasto non sarà rapida e incisiva. Il climate change è il problema principale del nostro tempo e la più grande sfida da affrontare per lo sviluppo sostenibile.
Un clima insopportabile
Uno degli effetti più preoccupanti del cambiamento climatico è il riscaldamento globale. Questo fenomeno non si arresta, anzi accelera. Nel 2018 la temperatura media globale è stata superiore di circa 1 °C al livello preindustriale.
Un aspetto strettamente correlato all’aumento della temperatura globale è l’aumento dei gas serra nell’atmosfera. In particolare le emissioni di CO2 sono cresciute costantemente e la concentrazione di biossido di carbonio nell’atmosfera corrisponde al 146% di quella preindustriale (dato del 2017).
Questa tendenza mondiale presenta alcune differenze tra i Paesi. Quelli ad alto reddito in generale hanno limitato negli anni le loro emissioni, mentre quelli a medio-basso reddito, per mancanza di politiche e strumenti adatti, le hanno incrementate di molto. Il risultato complessivo non fa certo bene al pianeta.
Fenomeni estremi
I cambiamenti climatici hanno già provocato gravi danni alla vita del pianeta e dell’uomo. Questo processo lento ma inesorabile sta modificando e modificherà l’aspetto del nostro pianeta. Le calotte polari si ridurranno e lo scioglimento dei ghiacciai porterà a un aumento del livello dei mari che copriranno le terre più basse (Italia compresa).
In base al rapporto 2013 dell’IPCC (The Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo delle Nazioni Unite per la valutazione scientifica dei cambiamenti climatici) il livello del mare globale dovrebbe crescere tra i 40 e gli 80 cm nel corso del prossimo secolo. Alla luce delle recenti ricerche, però, si teme che questo processo potrebbe accelerare.
Con l’aumento delle temperature i fenomeni meteorologici diventerebbero più estremi: uragani e tornado sempre più violenti, inaridimento di vaste aree oggi coperte di vegetazione, mentre le piogge aumenteranno in zone attualmente desertiche.
L’Europa meridionale è una delle zone che più risentiranno del riscaldamento globale. Con temperature più alte di oltre 2°C, l’area mediterranea perderebbe gran parte della sua biodiversità diventando sempre più arida. A lato della siccità nel Mediterraneo l’aumento a fine secolo secondo tre scenari di aumento di temperatura.
Scenari futuri e benessere mondiale
La Banca Mondiale ha disegnato due possibili scenari futuri in relazione alla distribuzione delle precipitazioni tra inizio e fine del XXI secolo: con basse o alte emissioni di CO2. In entrambi i casi, il termine di riferimento è la temperatura media superiore ai 35 °C. Le considerazioni riguardano non solo evidenti conseguenze come la desertificazione delle aree più colpite, ma anche conseguenze indirette e più generali che riguardano l’aumento di consumo di fonti energetiche per far fronte al caldo o il peggioramento delle condizioni di salute.
Questo fenomeno globale ha anche risvolti più generali. Si è calcolato che dal 1998 al 2017 i disastri ambientali legati al clima rappresentavano quasi l’80% delle perdite economiche dovute a catastrofi naturali. Nello stesso periodo, ai disastri geofisici è stato ricondotto 1,3 milioni di vittime. Gli effetti del cambiamento climatico avranno ripercussioni anche sulla società, con un aumento globale della povertà.
Agire per il clima. Che fare?
Il Goal 13 è di cruciale importanza per gli obiettivi di sostenibilità globale ed è molto ambizioso. Le emissioni globali di biossido di carbonio devono ridursi di circa il 50% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2010) fino a raggiungere quota zero emissioni nette entro il 2050.
Per evitare conseguenze irreversibili, l’innalzamento delle temperature globali va contenuto al di sotto di 2 °C. Questo obiettivo comporta azioni rapide e di vasta portata nei settori dell’energia, delle infrastrutture, nei sistemi industriali e urbani.
È quanto è stato stabilito dall’Accordo di Parigi, raggiunto il 12 dicembre del 2015 alla Conferenza annuale dell’Onu sul riscaldamento globale (Cop21). L’accordo è stato firmato da 194 Paesi e dall’Unione Europea. A maggio 2019 le parti che avevano ratificato l’accordo erano 186.
I Contributi Nazionali
Questa azione condivisa trova la sua concretizzazione nei cosiddetti NDC (Nationally Determined Contributions). Si tratta di obiettivi stabiliti dai singoli Paesi a livello nazionale, in maniera autonoma e volontaria, per contribuire all’obiettivo generale. L’Unione Europea, per esempio, entro il 2030 intende ridurre le emissioni del 55% (rispetto a quelle del 1990), aumentare del 27% l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e addirittura realizzare un’economia “climaticamente neutra” entro il 2050.
Purtroppo, in base alle verifiche costanti delle Nazioni Unite, questi impegni, anche se rispettati, faranno salire la temperatura media globale di 3,2 °C da qui al 2100. Significa che, se non verranno introdotti correttivi drastici, si passerà da uno stato di crisi climatica a condizioni di catastrofe climatica. Per questo, le stesse Nazioni Unite hanno chiesto al mondo intero di presentare nuovi NDC alla prossima Cop (rinviata a causa della pandemia da Covid-19).
Sendai Framework for Disaster Risk Reduction
Un altro passo importante della comunità internazionale nella lotta contro gli effetti del cambiamento climatico è il del Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030.
Entrato in vigore il 15 marzo 2015, è un quadro di riferimento per le politiche climatiche, valido fino al 2030, che mira a ridurre il rischio di disastri ambientali. In base a questo protocollo si sono attuate strategie per affrontare le numerose catastrofi degli ultimi decenni, che si sono presentate con crescenti livelli di intensità e di frequenza.
Hanno aderito oltre 180 Paesi, tra cui l’Italia, impegnati nella riduzione delle vittime dovute ai disastri e nel contenimento dei danni economici. Sono stati stabiliti sette obiettivi globali da raggiungere entro il 2030:
- riduzione del numero di vittime causate da disastri;
- riduzione del numero di persone colpite da disastri;
- riduzione della perdita economica diretta;
- riduzione del danno prodotto dalle catastrofi sulle infrastrutture critiche e sui servizi di base;
- aumento del numero di Paesi con strategie di riduzione del rischio di disastri;
- potenziamento della cooperazione internazionale rivolta ai Paesi in via di sviluppo;
- aumento della disponibilità e dell’accesso ai sistemi di allerta rapida multi-rischio.
Le iniziative dell’ONU
La lotta al cambiamento climatico può essere portata avanti solo con un preciso impegno dei governi, ma si può anche operare per aiutare le popolazioni delle zone più vulnerabili.
Tra i numerosi progetti attuati dal Programma di sviluppo dell’ONU di aiuti per l’adattamento al cambiamento climatico in atto (UNDP), la lotta al cambiamento climatico nella foresta amazzonica del Perù ha un significato particolare. La popolazione indigena che vive nella foresta, i “guerrieri Harakmbut”, oggi lavora per la difesa della regione dalle continue devastazioni. Il progetto è sostenuto dal REDD+, il meccanismo adottato dal 2007 (Cop13 di Bali) per incentivare la riduzione delle emissioni dovute alla deforestazione attraverso la conservazione e la gestione sostenibile delle foreste nei Paesi in via di sviluppo.
Un altro progetto è attuato nel Mali, in aiuto alle donne del Paese per procurare alle proprie famiglie acqua e cibo. La siccità dovuta alla stagione delle piogge sempre più breve riduce i raccolti che non bastano più al sostentamento. L’UNDP supporta la cooperativa delle donne offrendo loro una formazione tecnica sulle pratiche agricole sostenibili e fornendo pannelli solari che alimentano pozzi e apparecchiature per trasformare il grano in farina. Le verdure ottenute dai raccolti sfamano le famiglie e in parte vengono anche vendute.
I traguardi
L’Agenda 2030 ha suddiviso il tredicesimo Goal in cinque target, elencati qui sotto. Entro il 2030 si chiede di:
- 13.1 Rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento ai rischi legati al clima e ai disastri naturali in tutti i paesi
- 13.2 Integrare nelle politiche, nelle strategie e nei piani nazionali le misure di contrasto ai cambiamenti climatici
- 13.3 Migliorare l’istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale riguardo ai cambiamenti climatici in materia di mitigazione, adattamento, riduzione dell’impatto e allerta precoce
- 13.a Dare attuazione all’impegno assunto nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici per raggiungere l’obiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 congiuntamente da tutte le fonti, per affrontare le esigenze dei paesi in via di sviluppo nel contesto delle azioni di mitigazione significative e della trasparenza circa l’attuazione e la piena operatività del “Green Climate Fund” attraverso la sua capitalizzazione nel più breve tempo possibile
- 13.b Promuovere meccanismi per aumentare la capacità di una efficace pianificazione e gestione connesse al cambiamento climatico nei paesi meno sviluppati e nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo concentrandosi, tra l’altro, sulle donne, i giovani e le comunità locali ed emarginate
E in Italia?
Un preoccupante rallentamento
Secondo il Rapporto ASviS 2019 sul Goal 13, l’Italia negli ultimi anni ha registrato risultati altalenanti. Infatti, dopo un periodo di politiche a favore dell’ambiente, dal 2014 il nostro Paese ha rallentato nel triennio successivo. In particolare il deficit va attribuito alle emissioni di gas serra totali del settore produttivo (il consumo familiare è responsabile per circa un terzo del totale).
A causa di questo rallentamento, l’Italia è quindi ancora lontana dal pieno raggiungimento del Goal. Si è però dotata di alcuni strumenti per mettersi al passo con l’Agenda 2030: la Strategia nazionale di sviluppo sostenibile (SNSVS) e il Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), ancora però in fase di approvazione.
Un altro strumento di politica economica che può aiutare l’Italia a contribuire alla mitigazione climatica, è il Sistema europeo di scambio di emissione di gas serra. Si tratta di un sistema di controllo delle emissioni generate dal settore produttivo: ogni operatore industriale deve “compensare” le proprie emissioni effettive (verificate da un soggetto indipendente) con un corrispondente quantitativo di “quote” che vengono vendute sul mercato.
Focus
Un affare di miliardi (persi)
La questione climatica globale può essere anche considerata da una prospettiva economica.
Innanzitutto, visto il quadro delle previsioni per nulla roseo, bisogna valutare le spese in corso dovute agli impegni per il mitigamento climatico assunti dai singoli Paesi. Per esempio, nel biennio 2015-2016 gli investimenti in attività di questo tipo sono aumentati del 17% rispetto a quelli del biennio 2013-2014.
Una tendenza incoraggiante, che dimostra l’impegno concreto dei governi. Bisogna, però, ricordare che gli investimenti in combustibili fossili a livello mondiale continuano a essere più alti di quelli in attività climatiche. In altre parole, in termini economici si sta facendo qualcosa per il clima, ma si potrebbe fare molto di più
Inoltre, il mancato raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi (purtroppo un’ipotesi concreta) comporterà sforzi economici aggiuntivi. Le previsioni dei ricercatori parlano di cifre astronomiche, che si aggirano sui 500mila miliardi di dollari da qui alla fine del secolo.
Non rispettare gli impegni presi ci potrebbe quindi costare molto caro, non solo in termini ambientali ma anche economici.
C’è poi un’altra questione da affrontare: quanto si guadagnerebbe se si riuscisse a contenere l’innalzamento delle temperature entro i limiti fissati dalla comunità internazionale? Si è stimata questa cifra in circa 400mila miliardi dollari.
La questione climatica pone l’umanità di fronte a una scelta anche di tipo economico: investire risorse sempre più ingenti per rincorrere gli effetti del cambiamento climatico oppure cambiare stile di vita, guadagnandoci anche in benessere economico?
Fare Geo
- Guarda questo timelapse realizzato dalla NASA che riproduce i dati sulle anomalie climatiche globali registrate tra il 1880 e il 2019. Prova a descrivere quello che hai visto in una sintetica “storia del clima”, arricchendola con le tue riflessioni sulla sostenibilità dello sviluppo mondiale.
- Osserva la carta tematica della Banca Mondiale con le previsioni di cambiamento delle precipitazioni nel caso di alte emissioni di CO2. Come pensi cambierebbe il paesaggio dell’Africa centrale, dal bacino del Congo al Corno d’Africa? Prepara una breve relazione con le tue conclusioni.
- Sul sito della NASA dedicato al clima, sono riportati i dati della situazione attuale: livello delle emissioni di Co2, aumento delle temperature medie, scioglimento dei ghiacci, innalzamento livello del mare. Prepara una presentazione che visualizzi questi dati, accompagnandola con un breve testo di spiegazione.
- L’articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) afferma che «i cambiamenti del clima (sono) attribuibili direttamente o indirettamente a un’attività umana che alteri la composizione dell’atmosfera mondiale e che si aggiunge alle normali variabili osservate nel corso di periodi comparabili». Facendo riferimento alla distinzione tra cause naturali e cause antropiche, prepara una mappa concettuale su cause ed effetti del riscaldamento globale.
- Inventa il futuro! Per capire le conseguenze del cambiamento climatico e comprendere le connessioni che esistono tra i diversi fattori (ambientali e antropici), puoi utilizzare questo sito web che permette di simulare diversi scenari futuri modificando alcune variabili relative a energia, trasporti, industria, popolazione, inquinamento.
Che cosa possiamo fare?
- Riciclare carta, vetro, plastica, metallo e vecchi componenti elettronici. Fare il compostaggio degli scarti alimentari. Questo può ridurre l’impatto sul clima.
- Scegliere prodotti ecologici e riutilizzabili. Leggi la confezione per vedere se i prodotti sono prodotti in modo ecologico. Usa una borsa ecologica per lo shopping e una bottiglia d’acqua riutilizzabile o una tazza per ridurre i rifiuti di plastica.
- Pedalare, camminare o prendere i mezzi pubblici. Salva i viaggi in auto per quando hai un grande gruppo.
- Ridurre l’utilizzo della carta. Evitare di stampare e sostituirlo con dispositivi elettronici o supporti. Non fare acquisti per animali domestici! Visita il tuo rifugio per animali locale e adotta un animale lì.
- Tenerci informati seguendo le notizie locali e quelle internazionali sui media a disposizione (tv, web, riviste e giornali).