Il 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci offre l’opportunità di approfondire la tecnica e le opere del genio toscano, soffermandosi in particolare sugli studi geografici e le rappresentazioni artistiche della natura e del paesaggio.
Dopo aver seguito Leonardo in Umbria, nella Valnerina ternana, sulle tracce dei suoi paesaggi naturali, ci concentriamo ora sulle quinte naturalistiche di due suoi capolavori pittorici: la Gioconda e la Vergine delle Rocce.
Disegno e pittura: il paesaggio reale e quello dipinto
Leonardo da Vinci, nel corso della sua vita, ha sempre approfondito con grande interesse lo studio dei paesaggi naturali, raffigurandoli con tratti vivi e precisi nei suoi disegni e con studiata intensità nello sfondo di alcuni dei suoi quadri più famosi. Nel genio toscano la rappresentazione del paesaggio assume una nuova dimensione grazie alla descrizione minuziosa della realtà e all’attenzione per i molteplici e mutevoli aspetti della natura: un caso esemplare di integrazione tra conoscenze scientifiche (in particolare geologiche e idrologiche) e abilità artistiche.
Se il disegno consentiva una ripresa “dal vivo” della natura, con tutta l’immediatezza e la dinamicità dell’appunto di viaggio, la resa pittorica si fa più meditata e comporta una tecnica più attenta e definita, studiata e realizzata in tempi lunghi. Il paesaggio, dunque, viene interpretato con tecniche e sentimenti diversi: all’agilità del tratto, il dipinto risponde con la costruzione plastica di luci e volumi; alla monocromia del segno sostituisce l’emozione del colore.
I paesaggi dipinti sullo sfondo dei suoi quadri sono a perdita d’occhio ed evocano territori ben noti a Leonardo, esperto viaggiatore e studioso in Toscana, Umbria, Lombardia. Nei suoi dipinti infatti le quinte naturali fanno riferimento a paesaggi reali, di cui riportava la memoria in modo scientifico.
La Gioconda (1503-1504)
La porzione della Valle dell’Arno nella provincia di Arezzo (Valdarno Superiore) è un ampio catino naturale di origine lacustre, delimitato dal massiccio di Pratomagno a nord-est e chiuso a sud-ovest dalle alture del Chianti. È una terra ricca di varie emergenze paesaggistiche e molto suggestiva, tinteggiata com’è dal susseguirsi dei toni cromatici dei bruni, dei verdi, dei gialli: un paesaggio fatto apposta per i pittori! Tra gli elementi peculiari di questo territorio ci sono le cosiddette Balze, vertiginosi costoni erosi dall’azione delle acque piovane che interrompono i dolci profili delle colline.
Il legame tra Leonardo da Vinci e il Valdarno è certo e documentato. Ecco, per esempio, come lo descrive in un testo conservato nel Codice Leicester (foglio 9):
“… dal Valdarno di sopra insino ad Arezzo si creava un secondo lago, il quale nell’antidetto lago versava le sue acque chiuso e occupava tutta la detta valle dell’Arno di Sopra, per ispazio di 40 miglia di lungeza…”
Sono le parole di un acuto osservatore e attento studioso. Leonardo è il primo che ha osservato e descritto nel dettaglio la particolarità di questa vallata tra Firenze e Arezzo, formatasi in seguito al prosciugamento di un lago che ricopriva la zona circa 2 milioni di anni fa.
Nel dipinto, il paesaggio alle spalle della donna è una straordinaria veduta a volo d’uccello in cui Leonardo ritrae luoghi diversi a destra e a sinistra della figura, riuscendo a creare l’illusione di uno spazio coerente di eccezionale profondità. Questa sensazione di “tridimensionalità” è accentuata dalla ravvicinata posizione del soggetto principale e dalla magistrale applicazione della prospettiva aerea (la resa pittorica del progressivo sfocamento degli oggetti man mano che si allontanano dal primo piano, grazie al graduale sfumo delle forme e al mutamento dei colori).
Sullo sfondo vediamo rocce e un largo bacino che con la sua sinuosità conduce lo sguardo dello spettatore verso l’orizzonte, dove le discontinue e irregolari catene montuose si confondono in lontananza tra il verde e l’azzurro. I soli elementi “antropici” sono la strada a sinistra della figura e il ponte sulla destra. Per effetto della prospettiva aerea, l’aria non è del tutto trasparente e man mano che ci si allontana diventa più densa a causa dell’umidità e sempre più azzurrina:
“Vero è che si de’ fare alcune montagne laterali con gradi di colori diminuiti, come richiede l’ordine della diminuzione de’ colori nelle lunghe distanzie.”
Nelle fotografie sono rappresentati i paesaggi reali a cui probabilmente si ispirò Leonardo. La loro identificazione è molto dibattuta: qui proponiamo le due ipotesi più accreditate.
Toscana: il Valdarno Superiore
Secondo la ricostruzione più tradizionale, Leonardo avrebbe rappresentato alle spalle della Gioconda la Valle Superiore dell’Arno. A destra della figura, nel piano intermedio, è stato individuato il Ponte Buriano, nel territorio di Arezzo, costruito nel XIII secolo nel punto in cui l’Arno riceve le acque della Val di Chiana (anche se alcune ipotesi propongono di identificare il ponte leonardesco con il Ponte di Valle). A sinistra il paesaggio raffigurerebbe le Balze del Valdarno, una serie di calanchi costituiti da sabbie, argille e ghiaie stratificate. Il corso d’acqua che s’infila in una stretta gola corrisponderebbe alla Gola di Pratantico, poco distante dal ponte Buriano. A supporto di questa ipotesi, si sostiene che il celebre “sfumato” leonardesco sia la tecnica ideale per riprodurre quella particolare atmosfera “bagnata” dovuta alle nebbie che a quel tempo invadevano il Valdarno (oggi le bonifiche hanno ridotto di molto il fenomeno).
Lombardia: il Resegone
Non tutti gli studiosi, però, concordano con questa interpretazione: c’è chi sostiene che i luoghi ispiratori dell’artista si trovino in Lombardia, territorio che Leonardo conobbe a fondo durante la sua permanenza alla corte degli Sforza (dal 1482 fino al 1499), e nel suo secondo soggiorno milanese (dal 1508 al 1513). Cambierebbe, quindi, il riferimento geografico dello sfondo della Gioconda, che corrisponderebbe invece alle valli fluviali e ai rilievi montani delle Prealpi lombarde: sulla destra il corso dell’Adda, a sinistra le guglie del Resegone. Infatti, puntuali riscontri geografici identificano il paesaggio sul lato destro con la Valle dell’Adda, ripresa a volo d’uccello dalla Forra di Paderno fino alla confluenza del fiume nel lago di Lecco, mentre a sinistra le tipiche formazioni calcaree dei rilievi lecchesi, con in primo piano il Resegone. Questa ipotesi modifica anche la data di nascita della Gioconda: Leonardo la dipinse a Vaprio d’Adda tra il 1511 e il 1512 (e non in Toscana nel 1503).
La Vergine delle Rocce (1483-1485)
L’ambientazione lombarda si ipotizza anche per un altro capolavoro pittorico di Leonardo: La Vergine delle Rocce (nella versione che l’artista portò con sé ad Amboise e che oggi si trova al Louvre).
Le caratteristiche del paesaggio montano del Lecchese si ritrovano documentate in numerosi disegni e in alcuni dipinti di Leonardo, che probabilmente percorse più volte le vie che collegavano le rive del lago di Como alla Valsassina, ammirando da vicino le guglie e i pinnacoli delle Grigne e del Resegone, due montagne molto caratteristiche delle Prealpi lombarde, visibili anche da Milano nelle giornate più limpide. L’artista-scienziato prese nota di diversi aspetti, colpito in particolare dalla grande ed emozionante varietà di questi luoghi: gli irti pinnacoli delle montagne e gli antri cavernosi, il corso placido delle acque e le tumultuose cascate.
Nel dipinto Leonardo raffigura, in un’atmosfera di intimità, la Vergine al centro, San Giovannino a sinistra, il Bambino e un angelo a destra. La scena è ambientata in un paesaggio roccioso dipinto con la prospettiva aerea, che consente allo spettatore di percepire la distanza nello spazio: in primo piano si vedono piante terrestri e acquatiche; sullo sfondo, tra le rocce, si intravede un corso d’acqua, mentre un sottile strato di nebbia crea uno straordinario effetto di estensione spaziale:
“L’aria infusa colle nebbie è interamente privata d’azzurro, ma solo par di quel colore de nugoli che biancheggiano quando ’l tempo è sereno.”
I colori, modulati in lontananza, diventano più chiari e tendono al grigio azzurro, mentre lo sfumato integra le figure con il paesaggio:
“Dunque tu, pittore, quando fai le montagne, fa che di colle in colle sempre le bassezze sieno più chiare che le altezze; e quanto le fai più lontane l’una dall’altra, fa le bassezze più chiare, e quanto più si leveranno in alto, più mostreranno la verità della forma e del colore”.
Nelle fotografie si possono vedere i luoghi ai quali, secondo una delle ipotesi, Leonardo si è ispirato: la grotta in cui è ambientata la scena, secondo l’ipotesi più accreditata, è quella di San Giovanni Battista, in località Laorca sopra Lecco, un complesso carsico all’imbocco della Valsassina con le particolari stalattiti nella parte in alto.
Le montagne sullo sfondo, invece, corrisponderebbero alle Grigne, con i loro pinnacoli e le loro dentellature riconoscibili nella Val Calolden (“la Grigna è la montagna più alta chabbi questi paesi, ed è pelada”).
Fare Geo
- Leonardo amava la montagna e conosceva le Dolomiti, di cui aveva intuito l’origine in ambiente marino. In quale dei due quadri lo sfondo rievoca il paesaggio dolomitico?
- Leonardo realizzò due versioni della Vergine delle Rocce: una è al Louvre (ed è pubblicata in questo articolo), l’altra è conservata alla National Gallery di Londra. Con una ricerca in rete, metti a confronto le due immagini e prova a confrontare gli elementi paesaggistici presenti nelle due versioni.
- La Gioconda ha ispirato moltissimi artisti nel corso dei secoli. Sul sito FotoArteArchitettura.it puoi trovare alcune interpretazioni moderne di questo celebre dipinto.
Qual è, a tuo parere, il significato della Gioconda rivista da Marcel Duchamp (1919), da Salvador Dalì (1954) e da Andy Warhol (1963)?