Le migrazioni attraverso i numeri

Le migrazioni attraverso i numeri

di Viviana Brun, Cisv-ONG 2.0

Come ogni anno, anche nel 2014 l’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato il rapporto Prospettive delle migrazioni internazionali 2014, (qui una sintesi in italiano) in cui fa il punto sullo stato delle migrazioni nei 34 paesi membri.

Guarda il video (in inglese) che riassume i dati salienti del rapporto:

Il rapporto è molto interessante per noi italiani, perché permette di avere un quadro dettagliato dell’andamento delle migrazioni nel nostro paese e, più in generale, nel nostro continente.
Il rapporto 2014 fa riferimento ai dati del 2013. Da questi emerge che i flussi migratori permanenti (le persone che si trasferiscono in modo stabile) verso i paesi dell’area dell’OCSE sono cresciuti dell’1,1% rispetto al 2012, raggiungendo la cifra di 4 milioni. In particolare, la migrazione verso la Germania ha registrato un notevole aumento, mentre altri paesi tradizionalmente meta di migrazione, come gli Stati Uniti, la Spagna, il Portogallo e l’Italia, hanno registrato una diminuzione dei flussi.
Un grande ruolo nella ripresa della migrazione permanente è giocato dalle persone che si spostano all’interno degli Stati dell’Unione Europea. Per la prima volta, i movimenti interni all’Europa hanno eguagliato la migrazione legale permanente, proveniente dai paesi extracomunitari. Anche in questo caso la Germania è stata la principale meta, accogliendo quasi un terzo dei migranti intraeuropei.

Il conflitto in Siria ha contribuito ad accrescere le richieste di asilo del 20% nel 2013, fino a raggiungere la cifra di 560.000 domande. La Germania è il maggiore paese di accoglienza a livello mondiale con 110.000 richieste, seguita da Stati Uniti, Francia, Svezia e Turchia. Se si considera il suo esiguo numero di abitanti, la Svezia ha accolto la percentuale più elevata di richiedenti asilo e di rifugiati.
I dati più interessanti che emergono dal rapporto dell’Ocse riguardano i legami tra migrazioni e lavoro.
Se gli immigrati con un basso livello di istruzione, in media, trovano più facilmente lavoro rispetto ai cittadini autoctoni, diversa è la situazione di chi ha un livello di istruzione più alto. Il numero di immigrati altamente qualificati è aumentato del 70% negli ultimi dieci anni, fino a superare i 31 milioni. Il loro tasso di disoccupazione, però, rimane ancora più elevato rispetto a quello dei cittadini nati nei paesi dell’Ocse.
Un altro dato interessante è legato alla sovra-qualificazione dei migranti. Nel 50% dei casi infatti, i migranti sono troppo qualificati per il lavoro che svolgono.
A tal proposito, l’Italia è superata solo dalla Grecia per quanto riguarda la polarizzazione del mercato del lavoro, ovvero il divario tra le occupazioni svolte dagli immigrati e quelle svolte dagli autoctoni.
La sfida più importante per i governi resta quindi quella di saper sfruttare appieno il potenziale delle competenze dei migranti.
Considerando i dati che emergono dal rapporto, il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, sottolinea come:

“I Paesi potranno trarre più benefici dall’immigrazione se cominceranno a considerare i migranti come risorsa piuttosto che come problema. Le politiche migratorie dovrebbero essere una priorità per i paesi dell’Ocse e le politiche di integrazione dovrebbero essere considerate il miglior investimento possibile in termini di crescita, coesione sociale e benessere”.

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