Lo strano ghiaccio in fondo al mare: risorsa o pericolo?

Lo strano ghiaccio in fondo al mare: risorsa o pericolo?

Sul fondo dei laghi e nelle profondità marine, anche ai poli, l’acqua non gela mai ed è per questo che, anche nei freddi mesi invernali, sotto lo strato di ghiaccio che copre la superficie i pesci possono continuare la loro vita di tutti i giorni.
Ma in realtà esiste un ghiaccio che si forma a oltre 3-400 m di profondità, dove l’acqua si trova a una temperatura di circa 2°C. E’ una sostanza strana, un ghiaccio “caldo” che brucia con una fiamma rossa.
Quando l’acqua (liquida) che si trova in profondità arriva a contatto con il metano, le sue molecole formano una rete che cattura la molecola del gas e solidifica trasformandosi in ghiaccio (detto “idrato di metano” o “ghiaccio di metano”), che si deposita sul fondale.

Gli idrati, scoperti nel 1830 quando venne trovato l’idrato di cloro, rimasero una rarità e una curiosità scientifica k7_wk_methanhydrate_vorkommen_e_enper lungo tempo. Soltanto nella seconda metà del secolo scorso vennero individuati alcuni depositi di idrati di metano sui fondali marini e nel permafrost delle regioni artiche. Inizialmente i sedimenti sottomarini di idrati sembravano molto rari, ma oggi se ne stanno scoprendo in tutti i mari. Sono presenti essenzialmente nelle piattaforme continentali e nei fondali del Mar Glaciale Artico.
La quantità di metano intrappolata nei sedimenti di idrati è enorme. In parte proviene dall’interno dal sottosuolo e in parte è prodotto da microrganismi. A sua volta il metano viene sfruttato da batteri che lo utilizzano per ricavarne energia e sui fondali sono numerosi i granchi e i molluschi che si nutrono di questi batteri.

Immense riserve di energia
Secondo le stime fatte da Gerald Dickens, esperto di scienze della Terra alla Rice University, vi sono circa 6.000 miliardi di tonnellate di carbonio (tra i 170 e 12.700 miliardi) nelle molecole di metano intrappolate negli idrati sottomarini. Più di quello presente nei giacimenti petroliferi.
Ma non è facile estrarlo e ancora più complesso trasportarlo dalle zone di prelievo a quelle di utilizzo. Se si smuove il sedimento, il reticolo si spezza e il ghiaccio diventa nuovamente liquido liberando il gas che sale in superficie con una miriade di bollicine. Inoltre l’enorme pressione degli abissi marini comprime il gas: un metro cubo di idrato di metano, portato in superficie si espande raggiungendo un volume di oltre 160 metri cubi, rendendo ancor più difficoltoso il prelievo.
Gashydrat_mit_StrukturI sedimenti di idrati scoperti presentano una superficie butterata: si pensa che sia dovuta all’azione dei pesci che, anche solo sfiorando il fondale con le pinne, causano il distacco di frammenti che subito si degradano liberando il metano.
Prima di utilizzare gli idrati è necessario comprendere meglio il complesso ecosistema appena scoperto e di cui non conosciamo ancora le interazioni. Non possiamo sapere quali sarebbero gli effetti ambientali di un’estrazione in grande scala.
USA e Canada per ora hanno interrotto le ricerche e continuano a utilizzare le loro risorse petrolifere, mentre il Giappone, attualmente primo importatore mondiale di gas naturale, sta cercando un sistema pratico e sicuro praeg2per catturare gli idrati di metano evitando dispersioni del gas. I primi esperimenti hanno già dato esito positivo e i ricercatori prevedono che la produzione potrà essere avviata entro il 2020 (Treccani, La Stampa). Anche in Italia si stanno cercando eventuali giacimenti di idrati. Nello Ionio, al largo della costa calabra, a 1500 m di profondità sono stati individuate emissioni di gas da due coni di fango alti un centinaio di metri detti “vulcani di fango Venere” (OGS).

Il pericolo in agguato
L’instabilità degli idrati, che appena smossi si disgregano (ad esempio in caso di terremoti sottomarini), può dar luogo all’improvviso sprofondamento del fondale marino con crolli e smottamenti che originano onde alte decine di metri. Gli idrati di metano sarebbero, infatti, la causa di alcuni tsunami del passato, come quello che 8.100 anni fa sconvolse la Gran Bretagna e quello del 1998 174551753-5ce3c660-44b9-429e-948d-78fabcd4c46e1che fece oltre duemila vittime in Nuova Guinea.
Gli idrati potrebbero aver provocato anche le gigantesche voragini scoperte in varie zone della Siberia settentrionale, tra la penisola di Yamal e la penisola di Tajmyr. Le cavità sembrano essere state provocate da esplosioni sotterrane, come avverrebbe in seguito alla disgregazione improvvisa di idrati presenti nel permafrost, forse in seguito all’aumento della temperatura.
Alcune ipotesi sostengono che anche l’esplosione nel 2010 della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della BP nel Golfo del Messico sia da imputare agli idrati.
Ma il pericolo più grave è un altro.
Se gran parte del metano intrappolato negli idrati finisse nell’atmosfera gli effetti sul clima sarebbero catastrofici. Il metano, gas serra molto più potente dell’anidride carbonica, contribuirebbe al riscaldamento del pianeta innalzando notevolmente le temperature medie. E il rialzo termico provocherebbe un’ulteriore dissociazione degli idrati accelerando il riscaldamento.
Gli scienziati ritengono che il “massimo termico” che 55 milioni di anni fa ha segnato il passaggio dal Paleocene all’Eocene, possa essere stato causato da una improvvisa unica grande emissione di metano. Il conseguente innalzamento di circa 6°C della temperatura media ha provocato l’estinzione di massa di molte specie, soprattutto  marine e in particolare di quelle presenti nelle acque più profonde (foraminiferi bentonici), mentre ha favorito la nascita di nuove specie di mammiferi, tra cui ruminanti, cavalli e primati.

Fare Geo
• Prepara una mappa concettuale che visualizzi i vantaggi e i pericoli che gli idrati possono portare.
• Osserva la carta con i depositi di idrati sui fondali marini.
• Osserva nella carta con i vulcani di fango Venere la posizione dei coni rispetto alla Calabria. In prossimità di quale golfo si trovano?

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