Lo sbiancamento dei coralli: colpa del riscaldamento globale

Lo sbiancamento dei coralli: colpa del riscaldamento globale

Provate a interrogare uno studente sulle conseguenze del riscaldamento globale: probabilmente citerà lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare, le ondate di calore e i fenomeni meteorologici estremi. Difficilmente parlerà dello sbiancamento dei coralli, un fenomeno altrettanto grave ma spesso sottovalutato. Vediamo di che cosa si tratta.

 

I coralli, o antozoi, sono piccoli polipi che vivono in colonie nei mari caldi. Per difesa i polipi costruiscono, uno accanto all’altro, scheletri esterni di carbonato di calcio, che nel tempo si saldano tra loro formando strutture ad albero sempre più sviluppate. Nell’arco di centinaia di anni, dal loro accumulo si originano le barriere coralline (reef), imponenti formazioni calcaree: la più estesa al mondo è la Grande barriera corallina australiana, che copre un’area di circa 344 400 kilometri quadrati, superiore a quella dell’Italia. I polipi vivono in simbiosi con alcune alghe microscopiche, che oltre a conferire il caratteristico colore agli scheletri, svolgono la fotosintesi e quindi li riforniscono di sostanze nutritive.

La Grande barriera corallina australiana (photo credits: Wikimedia Commons)

 

Cause e conseguenze dello sbiancamento

La simbiosi tra polipi e alghe è condizionata dalla temperatura dell’acqua, al punto che un aumento di soli 2 °C può provocare l’espulsione delle alghe e quindi privare i polipi del nutrimento. Quando queste condizioni si protraggono a lungo, i polipi muoiono e l’assenza delle alghe rende bianche le strutture calcaree (fenomeno noto come sbiancamento o bleaching).
I coralli morti diventano oggetto della rapida azione distruttiva dell’erosione marina, che non è più contrastata dalla produzione di nuovo carbonato di calcio. La morte dei polipi, inoltre, danneggia l’intero ecosistema corallino, con ripercussioni sulla fauna, costituita da spugne, celenterati, molluschi, artropodi e pesci.
Le conseguenze sull’uomo e sull’economia possono essere devastanti: in molte aree del mondo, infatti, dalle barriere coralline dipendono attività quali la pesca e il turismo, senza contare che queste strutture costituiscono una difesa dall’erosione costiera e da mareggiate distruttive associate a eventi meteorologici estremi. A subire l’impatto di questa perdita saranno prima di tutto Indonesia, Thailandia e Filippine. Seguiranno le popolazioni costiere di Messico, Australia, Giappone e Arabia Saudita. Il problema colpirà anche grandi nazioni continentali come la Cina e piccole isole come Nauru, nel Pacifico meridionale.

Livello di rischio per i coralli e livello di dipendenza dell’uomo dalle barriere coralline nel mondo (Fonte: Story Map “Endangered Reefs, Threatened People”)

 

I primi casi di sbiancamento furono osservati negli anni Novanta lungo la Grande barriera corallina australiana, dopo un riscaldamento delle acque del Pacifico dovuto al fenomeno climatico periodico noto come El Niño.
Un’altra fase critica si verificò nel 2010, ma è stato l’evento del 2014-2017 a rivelarsi non solo più duraturo, ma anche più esteso, poiché ha interessato oltre il 70% delle barriere coralline del mondo. Complessivamente, si stima che negli ultimi trent’anni si sia perso quasi il 50% dei coralli (solo nel 2016 è andato distrutto circa il 30% dei coralli della Grande barriera australiana). I ricercatori temono che solo il 10% di quelli ancora esistenti nel mondo potrà sopravvivere oltre il 2050.
Questi dati catastrofici indicano che non siamo più solo di fronte alle oscillazioni periodiche delle temperature oceaniche legate a El Niño, ma a un lento e ineluttabile innalzamento termico dell’acqua di mare, prodotto dal riscaldamento globale.

 

Possibili soluzioni

Per contrastare lo sbiancamento dei coralli bisogna combattere il cambiamento climatico: si tratta quindi di azzerare, entro la seconda metà del secolo, le emissioni di gas serra, per contenere l’aumento della temperatura media globale fra 1,5 e 2 °C rispetto ai livelli preindustriali. Ma questo obiettivo, fissato nel 2015 dall’Accordo di Parigi, è ritenuto ormai irraggiungibile da molti scienziati.

Per questo motivo, alcuni centri di ricerca oceanografica cercano di intervenire direttamente sui coralli. In Florida, per esempio, è nato un programma di moltiplicazione di frammenti di coralli vivi, basato sulla gestione di “vivai” sottomarini dai quali è possibile poi “rimboschire” tratti ormai degradati della vecchia barriera corallina.
In questo modo, però, si riproducono i coralli per via asessuata, mentre soltanto la riproduzione sessuata potrebbe ampliarne la variabilità genetica e quindi la resistenza agli stress termici. In questa direzione operano altri enti scientifici, tra cui SECORE International, che raccoglie i gameti maschili e femminili dei coralli, li feconda e poi libera le larve nei reef. Altri ricercatori puntano invece sulla selezione artificiale di più specie di coralli, al fine di ottenere varietà resistenti all’incremento termico.
Queste tecniche, tuttavia, hanno dei limiti: oltre a essere costose, possono essere applicate su scale molto ridotte, mentre il rischio per le barriere coralline riguarda aree di milioni di kilometri quadrati.

Una scienziata al lavoro per la ricostruzione delle barriere coralline (photo credits: SECORE)

 

Clicca sull’immagine per visualizzare la Story Map “Endangered Reefs, Threatened People”.

 

FARE GEO

  • Quali sono le principali barriere coralline nel mondo? Fai una ricerca in rete e compila una tabella con le caratteristiche di ciascuna (posizione, dimensioni ecc.).
  • Fai una ricerca mirata in rete sulle principali specie a rischio a causa del riscaldamento globale e prepara una breve presentazione di circa sei slide. Assicurati che la durata complessiva non superi il quarto d’ora e che i testi siano brevi e chiari, accompagnati da immagini attinenti. Inserisci link a fonti attendibili e risorse digitali per approfondire.
  • Perché gli scienziati sono scettici sul raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi? Documentati e confrontati con i compagni.

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