Nel nostro post del 3 febbraio sui rischi che stava correndo il trattato di Schengen, anticipavamo il consiglio europeo che si è effettivamente tenuto il 18 e 19 febbraio. Sarebbe stata quella l’occasione per decidere se sospendere o meno Schengen.
La buona notizia è che il consiglio europeo si è pronunciato in favore del trattato, sottolineando così una volta di più l’importanza della libera circolazione per le sorti dell’Unione Europea. In particolare la nota prodotta dal consiglio descrive la necessità di agire per arginare i flussi, proteggere le frontiere esterne, ridurre la migrazione illegale e salvaguardare, così, l’integrità dell’area di Shengen.
Dunque viene salvato, in extremis, il trattato sulla libera circolazione. Del resto in molti osservano come non ci siano reali alternative: un’unione senza possibilità di spostarsi liberamente da un paese all’altro sarebbe un’unione a dir poco monca. Inoltre c’è chi fa notare che la sospensione di Schengen sarebbe anche un problema economico: un articolo del Sole 24 Ore del 22 febbraio spiega come un simile scenario porterebbe a perdite economiche ingenti per i paesi dell’Unione, fino a 1.400 miliardi in dieci anni. Gli fa eco anche il francese Le Monde: le perdite, in 10 anni, sarebbero di 80 miliardi per la sola Francia.
Schengen è dunque, a detta di tutti, un trattato prezioso per l’Europa. Va sottolineato tuttavia come il consiglio europeo, ribadendo come unica ipotesi risolutiva la richiesta di “arginare i flussi” e “proteggere le frontiere”, si dimostra ancora una volta sordo di fronte alle richieste di aiuto incarnate dai flussi di migranti che bussano alle frontiere.
Nel frattempo il governo francese è intervenuto per sgomberare la “jungle” di Calais, un’area che dal 2000 ospita migranti in transito, in attesa di poter raggiungere l’Inghilterra. Così il Belgio, temendo le conseguenze dell’evacuazione, ha reintrodotto i controlli alle frontiere. E simili notizie sui limiti posti alla libera circolazione nell’area UE si susseguono a un ritmo incessante.
Insomma, il trattato di Schengen è salvo. Solo fino alla prossima crisi?
foto di Elekes Andor