Rigenerazione urbana: il sogno collettivo contro l'esclusione

Rigenerazione urbana: il sogno collettivo contro l'esclusione

Centro storico di Novate_Milanese, Progetto Netmobility e Lorenzo Noè Studio di Architettura / Fotografia Matteo Bertani

Una città bella è anche una bella città? Giochi di parole a parte, non sempre l’aspetto estetico corrisponde a uno spazio pienamente vissuto e coinvolgente. In alcuni quartieri delle grandi città i processi di rimodernamento e ristrutturazione portano edifici e strade dall’aspetto impeccabile, ma rischiano di impoverire l’aspetto collettivo e partecipativo dell’abitare. Quali strategie si possono attivare per conciliare bellezza e condivisione?

L’anima della città

Rigenerazione urbana sociale: un’espressione che non si esaurisce nella risistemazione di strade o palazzi, ma che consiste in un progetto più ampio e inclusivo, con un obiettivo fondamentale: mettere le persone al centro del cambiamento.

Il vero successo di un quartiere rinnovato e rimodernato non sta nell’innalzare il proprio indice di gradimento per attrarre nuovi abitanti in grado di sostenere un tenore di vita più elevato, ma nel garantire che chi già ci vive possa partecipare e sentirsi ancora parte integrante di quel luogo.

Come sogno la mia città?

Tutto parte da una domanda cruciale: come sogno la mia città? Questa domanda permette ai cittadini di ripensare la definizione dello spazio pubblico, il luogo in cui si ritrovano e si devono riconoscere. L’identità culturale non è un vecchio ricordo del passato, ma l’energia viva di una comunità, che si trasforma nel tempo e nello spazio cittadino.

Bisogna difenderla per evitare che un semplice “abbellimento” esterno si trasformi in una vera e propria esclusione sociale. Per questo, è vitale che la pianificazione urbana non parta dall’alto, ma dai bisogni e dai caratteri dei quartieri, e dei suoi singoli cittadini.

Identità in vendita

In un mondo sempre più connesso, le città sono in competizione tra loro. Per questo, molte amministrazioni usano il city branding: trasformano l’identità unica di una città o di un quartiere in un vero e proprio marchio da vendere. L’obiettivo è attrarre turisti, investimenti e residenti benestanti.

Gentrificazione e privatizzazione

Questa operazione di marketing è la base della gentrificazione, il processo per cui un quartiere popolare viene trasformato e reso adatto a fasce di popolazione più ricche. Quando un’area viene promossa come “autentica”, dunque con forti caratteri urbanistici, sociali e commerciali, i prezzi delle case e degli affitti aumentano. Chi ha meno possibilità economiche viene spinto ad andarsene, spesso involontariamente.

In realtà, sono proprio questi ultimi l’anima del quartiere, coloro che hanno contribuito allo sviluppo dell’identità urbana di quel luogo. Con la gentrificazione si finisce così per veicolare un’immagine patinata e fittizia dell’area, privatizzando il più possibile e allineando tutte le attività secondo la logica del profitto.

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Le residenze del quartiere City Life a Milano, sorte dopo un’opera di riqualificazione urbana che ha innalzato i prezzi delle abitazioni nell’area

Turistificazione e degrado

Alcuni esempi sono proprio offerti dal fenomeno, quanto mai attuale, della turistificazione, la trasformazione di un’area in un luogo dedicato principalmente alle esigenze dei visitatori esterni, che porta con sé un cambiamento radicale nei servizi e nel contesto di vita quotidiana per i residenti.

  • A Roma, nel quartiere San Lorenzo, per esempio, le politiche urbane hanno privatizzato molti spazi pubblici, trasformandoli in locali per il turismo, a scapito dei residenti storici.
  • A Venezia, la pressione dei circa 30 milioni di visitatori all’anno è insostenibile. Molte botteghe artigiane hanno lasciato spazio a negozi di souvenir o di grandi marchi del fashion. Gli abitanti diminuiscono, e la città rischia di trasformarsi in un parco tematico per turisti.
  • A Milano l’area dei Navigli è stata travolta dalla cosiddetta “malamovida”: i residenti devono fare i conti quotidianamente con le grandi masse di persone che affollano le strade, soprattutto nelle ore serali e notturne, generando degrado ambientale e disturbo della quiete pubblica.
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Una folla di turisti per le strade di Venezia: la presenza di vistatori esterni condiziona la vita quotidiana dei residenti

Curare la città

Di fronte a questa crisi dell’identità urbana, possono essere di aiuto due tipologie di approccio e intervento, che si devono integrare e completare a vicenda per essere realmente efficaci.

Il “rammendo” di Renzo Piano

L’architetto Renzo Piano ha lanciato un’idea potente: le periferie, spesso abbandonate e viste come “dormitori”, sono in realtà la città del futuro. Piano sostiene che le periferie sono state costruite senza amore e che oggi hanno bisogno di una “gigantesca opera di rammendo”.

Il rammendo è una cura a 360 gradi che va oltre l’estetica. Significa “cucire e fertilizzare” i quartieri con nuove strutture pubbliche, sostenere il commercio locale, promuovere l’insediamento di un mix generazionale, etnico, economico, e utilizzare il verde come tessuto connettivo.

L’obiettivo è chiaro: ridare dignità ai quei luoghi che consideriamo sempre marginali. Però, affinché il rammendo non sia solo un gesto estemporaneo dell’architetto, è fondamentale che la comunità si riappropri dello spazio rigenerato e lo usi tutti i giorni.

L’urbanistica tattica

Se il rammendo è la visione strategica, l’urbanistica tattica è l’azione pratica e di pronto intervento. Si tratta di interventi rapidi, temporanei e a basso costo che intendono migliorare l’aspetto e l’uso dello spazio pubblico. Pensiamo ad azioni come la decorazione pittorica dell’asfalto per creare piste ciclabili o aree pedonali; o l’allestimento di panchine, fioriere e arredi mobili in una piazza degradata.

Questa pratica è resa possibile dalla partecipazione attiva dei cittadini che, anche attraverso le nuove tecnologie, può diventare co-produttrice del proprio arredo urbano.

A Milano, in via Enrico De Nicola, l’urbanistica tattica ha trasformato un grande parcheggio in un luogo pedonale colorato, pensato e realizzato con il contributo dei bambini del quartiere. Questa azione, veloce e focalizzata sull’uso sociale, ha creato una nuova identità inclusi.

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Una strada di Milano “personalizzata” dagli alunni di una Scuola primaria.

Il diritto di restare

Il sogno della città si realizza quando a tutti viene garantito il diritto di restare e di avere voce nelle decisioni. Bisogna avere il rispetto del passato, la progettazione del futuro (evitando una modernizzazione eccessiva) e la consapevolezza che ogni cittadino è una fonte vitale di capitale sociale.

I primi passi per ri-costruire la città che sogniamo devono integrare questi due modelli: la visione a lungo termine del rammendo con la rapidità d’intervento e la partecipazione attiva dell’urbanistica tattica. Solo così la rigenerazione diventa un’opportunità per ogni cittadino di tessere la tela di un sogno collettivo e duraturo.

Anche gli orti urbani (qui un esempio in una piazza di Torino) sono esperienze di condivisione collettiva di quartiere.

Fare Geo

Immagina di essere un urbanista, che deve rigenerare gli spazi del tuo quartiere. Per prima cosa, fai un’indagine sulla vita del quartiere, seguendo questi suggerimenti:

  • cerca di capire il grado di sicurezza percepito dagli abitanti del quartiere;
  • intervista gli anziani e chiedi loro come è cambiato negli ultimi anni o decenni il quartiere, che cosa si è perso o che cosa si è costruito di nuovo;
  • domanda ai giovani dove si ritrovano il pomeriggio e la sera;
  • conta i negozi: quanti sono storici (panettiere, ferramenta) e quanti sono “di tendenza” o appartengono a grandi catene internazionali;
  • individua e conta gli spazi vuoti o inutilizzati.

Raccolte tutte queste informazioni, pensa a delle soluzioni per:

  • aumentare gli spazi di aggregazione;
  • riqualificare aree abbandonate;
  • aumentare il verde e la connessione pedonale.

Infine proponi un’azione di riqualificazione tattica immediata con l’obiettivo di un quartiere più sicuro e inclusivo, che i residenti possano sentire proprio.

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