Rigenerazione urbana sociale: le persone al centro

Rigenerazione urbana sociale: le persone al centro

In due precedenti contributi abbiamo presentato le opere di intervento urbanistico (grandi opere o piccole realizzazioni) pensate per rimodellare in chiave sostenibile gli spazi urbani. La città, però, è molto di più di un semplice insieme di edifici, piazze e strade: è un luogo fatto di persone, relazioni e storie condivise. Spesso associamo al tema della rigenerazione urbana solo immagini di parchi riqualificati, piazze rinnovate, edifici restaurati, dimenticando che, accanto a questa trasformazione fisica, esiste un processo più profondo e umano: la rigenerazione urbana sociale.

I valori della rigenerazione sociale

Con l’espressione rigenerazione urbana sociale si intendono azioni e progetti che trasformano non tanto lo spazio in sé, quanto le relazioni tra i cittadini, rafforzando il senso di comunità, favorendo l’inclusione e stimolando la partecipazione. L’obiettivo non è solo rendere una città più bella, ma soprattutto trasformarla in un luogo più giusto, inclusivo e vivibile per tutti.

Uno dei valori essenziali per una comunità resiliente e rigenerata è la cittadinanza attiva, poiché prendersi cura della città non è solo compito delle istituzioni, ma di ciascun cittadino. In questo senso, un esempio concreto è dato dai “patti di collaborazione” tra cittadini e amministrazioni comunali.

A Bologna, i residenti possono prendersi cura di aiuole pubbliche o spazi verdi abbandonati, mentre a Roma, i comitati di quartiere organizzano in accordo con l’amministrazione la pulizia delle strade e la raccolta differenziata.

Questi progetti trasformano i cittadini da semplici “utenti” a custodi attivi dello spazio comune. Cittadinanza attiva significa anche compiere gesti quotidiani che contribuiscono al bene comune.

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Alcuni volontari ripuliscono le acque del Po a Torino.

Spazi per tutti

Una città rigenerata è una città che abbatte le barriere ed è capace di accogliere chiunque. Parchi accessibili, piazze pensate anche per persone con disabilità, iniziative che valorizzano culture e tradizioni diverse: ogni scelta può trasformarsi in un’occasione di apertura e convivenza.

I Giardini Indro Montanelli a Milano sono un esempio tangibile di spazio inclusivo, con un parco giochi inclusivo immerso nel verde che propone giostre accessibili a bambini con disabilità.

Una logica analoga, declinata sulla condivisione tra generazioni, si ritrova in un progetto nato in Danimarca nel 2000 a Copenaghen (e poi diffuso in tutta Europa, dall’Ungheria alla Norvegia fino al Regno Unito): le biblioteche viventi (Human Libraries). Lo spazio della biblioteca diventa un luogo di scambio di memoria e ascolto, dove i “libri” sono persone che raccontano la propria esperienza di vita, favorendo il dialogo interculturale, abbattendo i pregiudizi e creando ponti tra diverse comunità e generazioni. Ogni città porta con sé storie, tradizioni e memorie collettive: conoscerle significa sentirsi parte di una comunità più grande.

Altre iniziative si prestano a costruire spazi di condivisione. Festival, cineforum e feste popolari possono animare piazze e quartieri con musica, laboratori e spettacoli, creando occasioni di incontro e confronto. Un’altra dimostrazione che iniziative come queste valorizzano la cultura come strumento di rigenerazione.

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Un’artista di strada si esibisce nelle strade di Edimburgo, durante il pettacolo al Fringe Festival.

Luoghi della creatività e della partecipazione

Il cambiamento non richiede sempre grandi investimenti: spesso bastano idee semplici ma efficaci. Un murales o una panchina colorata possono ridare vita a un luogo, come è avvenuto a Bristol (Regno Unito), nel quartiere di Stokes Croft, noto per avere una forte identità comunitaria. Qui vari progetti artistici – i murales di Banksy primi tra tutti – hanno contribuito alla rigenerazione dello spazio urbano. 

La street art non è infatti solo una decorazione, ma un’espressione collettiva che rafforza l’identità del luogo e coinvolge residenti e artisti. L’impulso a rigenerare artisticamente un luogo può partire dalla creatività di un artista, ma può nascere anche dagli abitanti stessi del quartiere. Anche una scuola può diventare un laboratorio di idee e di visioni per il futuro della città, alimentato dalla creatività di ragazze e ragazzi.

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Il grande murales “Close the Gap, Open your Future” nel quartiere di Porta Nuova a Milano.

Il quartiere come bene comune

Un’iniziativa orientata alla rigenerazione sociale delle città è quella delle cosiddette “banche del tempo”, un ulteriore esempio di come si possa concretamente costruire solidarietà e fiducia in un quartiere, se non in una città. È un sistema di mutuo aiuto in cui, anziché scambiare denaro, si scambiano servizi basati sulle ore di lavoro. Si possono, per esempio, dare lezioni di maglia o ripetizioni scolastiche in cambio di un aiuto per fare la spesa le pulizie di casa. Questo sistema ha trovato riscontro in Italia (Roma, Milano, Torino, Genova) e in altri Paesi europei (Regno Unito, Spagna, Francia, Germania).

Altri progetti simili vedono la condivisione di attrezzi e sapere tecnico nelle cosiddette “biblioteche degli oggetti”. Come ZERO a Palermo, un luogo dove non si prendono in prestito libri ma utensili per aggiustare una bicicletta, riparare un elettrodomestico o montare un mobile. Qui volontari e comuni cittadini insegnano a effettuare riparazioni attraverso laboratori gratuiti, nella prospettiva di ridurre gli sprechi e di connettere le persone.

La sfida della gentrificazione

La trasformazione inclusiva delle città deve anche confrontarsi con processi socio-economici che si oppongono alla spinta rigenerativa. È il caso della gentrificazione, il processo di trasformazione socio-economica di un quartiere che, precedentemente abitato da classi a basso reddito, vede l’insediamento di residenti più abbienti e una conseguente rivalutazione degli immobili e dei servizi.

È un problema da affrontare, anzi un rischio da prevenire per evitare che un “abbellimento” urbano si traduca in esclusione sociale invece che in condivisione e partecipazione allargata. Per questo è fondamentale che la rigenerazione sociale, attraverso politiche abitative e sostegno al tessuto economico locale, ponga al centro chi già vive nei quartieri e non solo chi potrebbe arrivare in futuro con un corredo di esclusività.


Fare Geo

Divisi in gruppi, pensate alla vostra classe come a una piccola comunità. Una comunità è più forte quando le persone condividono ciò che sanno fare e ciò che possiedono per essere utili agli altri. Ogni gruppo, quindi, ha il compito di elaborare una proposta di “inventario collettivo” che unisca:

competenze, ciò che so fare e posso insegnare (per esempio, aiutare in una materia scolastica, cucinare, suonare, riparare una bicicletta…);
oggetti, cose che ho ma che potrei prestare (per esempio, strumenti musicali, giochi da tavolo, utensili…).

Riflettete su quanto avete raccolto nel vostro “inventario collettivo”, aiutandovi con queste domande:
– Quali competenze o oggetti compaiono più spesso?
– Quali sono i più utili per la vita scolastica o quotidiana?
– Come cambierebbe la nostra classe se davvero tutto ciò venisse condiviso?

L’“inventario collettivo”, con tutte le risorse raccolte, può diventare un cartellone da appendere in aula o nell’atrio della scuola, per allargare la condivisione con le altre classi. Potete inoltre raccontare questa esperienza in un breve video, in cui presentate l’iniziativa a una cerchia più vasta di persone per coinvolgerle.

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