I numeri della Geografia #9 - Quanti saremo in Europa?

I numeri della Geografia  #9 - Quanti saremo in Europa?

Proseguiamo la serie di contributi dedicata al commento e alla lettura di dati geografici, pensati per accompagnare gli studenti e le studentesse alla scoperta di temi importanti per lo studio della Geografia. Nei numeri e nei dati più recenti cerchiamo risposte per esplorare i rapporti tra umanità e ambiente, cultura, economia e sostenibilità, pronti a trovare delle sorprese piccole e grandi.

Vecchio Continente, così venne chiamata l’Europa quando i suoi esploratori prima e i suoi conquistatori poi approdarono sulle sponde d’America, il Nuovo Mondo. Allora si trattava di un appellativo di prestigio, nato per mettere in chiaro le gerarchie globali e i relativi privilegi. Anche oggi, però, l’Europa continua a essere vecchia, ma in un altro senso. Lo è, infatti, in senso demografico, come attestano impietosamente dati e statistiche (in primis quelle di Eurostat). E le proiezioni non sono per niente confortanti. A meno che…


IL DATO

6%

Questa è la percentuale di popolazione che l’Europa perderà entro il 2100. Lo sostengono le più recenti stime di Eurostat, l’ufficio statistico ufficiale dell’Unione Europea, secondo cui la popolazione dell’UE, attualmente stimata intorno a 447 milioni di persone, si ridurrà entro il 2100 a 419 milioni.

Sulla base delle attuali dinamiche demografiche, quindi, per l’Europa si profila un futuro demografico in forte contrazione a causa dei bassi tassi di natalità.

Il ruolo dell’immigrazione

In questo scenario giocano un ruolo fondamentale i flussi migratori in termini di riequilibrio e crescita demografica. In effetti, il calo previsto da Eurostat entro il 2100 appare quasi trascurabile se confrontato con uno scenario in cui l’immigrazione si arrestasse completamente: escludendo il contributo migratorio, l’Europa vedrebbe la sua popolazione diminuire di oltre un terzo, riducendosi a soli 295 milioni entro la fine del secolo.

proiezione popolazione UE con e senza immigrati
Proiezione della popolazione UE nel 2100 con e senza immigrati. (Fonte: Eurostat)

Nell’ipotesi di chiusura totale delle frontiere, i Paesi europei più favorevoli a politiche anti-immigrazione subirebbero le contrazioni demografiche più significative:

  • l’Italia, che già presenta uno dei tassi di fertilità più bassi d’Europa, senza l’apporto migratorio vedrebbe la sua popolazione dimezzarsi entro il 2100;
  • la Germania potrebbe precipitare da 83 a 53 milioni nei prossimi ottant’anni;
  • la Francia passerebbe da 68 a 59 milioni di abitanti.

Solo un numero contenuto di Stati membri risentirebbe in minima parte della chiusura dei confini: in particolare Romania, Lettonia e Lituania, cioè Paesi che oggi non sono meta di ingressi consistenti di migranti e anzi alimentano con i loro cittadini i flussi migratori verso altri Paesi dell’UE.

Proiezione della popolazione nei principali Stati UE nel 2100 con e senza immigrati. (Fonte: Eurostat)

Di meno e più vecchi

Oggi, circa il 21% della popolazione dell’UE ha 65 anni o più. Nello scenario di calo demografico disegnato da Eurostat, considerando le attuali dinamiche migratorie, questa quota salirebbe al 32% entro il 2100. Ma nell’ipotesi di “immigrazione zero”, il dato sarebbe ancora maggiore, raggiungendo il 36%.

In sostanza, senza l’attuale livello di flussi migratori, la maggior parte dei Paesi europei andrebbe incontro non solo a una contrazione numerica, ma anche a un importante fenomeno di invecchiamento, dovuto alla diminuzione del numero di persone in età lavorativa rispetto agli anziani. Un evento che comporterebbe complesse sfide economiche e sociali.

Questa evoluzione della piramide demografica potrebbe infatti esercitare una pressione economica maggiore, dovuta a una crescita più lenta (a causa della riduzione della forza lavoro) e a un aumento del carico fiscale necessario per sostenere la spesa pensionistica e la crescente domanda di sanità e assistenza per gli anziani.

struttura-popolazione-UE-2009-2100
L’incidenza in percentuale delle diverse fasce di età nei Paesi UE dal 2009 al 2100, secondo le preoiezioni di Eurostat.

L’immigrazione non basta

È fondamentale, però, precisare che l’immigrazione da sola non è sufficiente per risolvere i problemi demografici dell’UE. Viene piuttosto considerata una delle diverse soluzioni disponibili, o almeno un modo per rendere più gestibile la transizione verso una società più anziana.

I flussi migratori, necessariamente potenziati, dovranno essere affiancati da altre misure, per esempio:

  • l’aumento dei tassi di occupazione delle persone in età lavorativa;
  • la riforma delle pensioni;
  • lo spostamento degli oneri fiscali dal reddito da lavoro alla proprietà.

Inoltre, affinché l’immigrazione apporti reali benefici, è cruciale che gli immigrati si integrino nel sistema socio-economico in cui arrivano.

Oggi ancora troppi Paesi europei registrano tassi di occupazione bassi in alcune fasce di immigrati. Se non si inverte questa tendenza, l’immigrazione invece di rappresentare una risorsa, potrebbe aggiungere elementi problematici al quadro generale. Se infatti un immigrato arrivasse senza lavoro e necessitasse di assistenza sociale, la situazione non migliorerebbe, ma anzi si aggraverebbe. Per questo motivo, l’inserimento nel mondo del lavoro è un fattore determinante.


Fare Geo

  • Osserva la tabella con i dati relativi alla popolazione di alcuni Stati UE nel 2025 e nel 2100 (la proiezione tiene conto dell’immigrazione). Trasforma poi le informazioni in un grafico (istogramma) in modo da confrontare meglio i dati visivamente.
PaesePopolazione 2025
(milioni)*
Popolazione 2100
(milioni)*
Germania83,377,0
Francia68,659,4
Italia58,739,5
Spagna48.742,1
Polonia36,628,5
Romania19,012,3
Paesi Bassi18,020,3
Totale UE453,3419,5
* Dati approssimati
Fonte: Eurostat

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