Speciale ambiente - Le acque dolci, una risorsa da proteggere

Speciale ambiente - Le acque dolci, una risorsa da proteggere

Dopo aver presentato la situazione degli oceani e l’azione dei mutamenti climatici sulle risorse idriche nell’articolo dedicato a L’acqua e la vita sulla Terra, continuiamo a parlare di ambiente e di acqua, con l’obiettivo puntato sulla realtà italiana. Ci concentriamo in questo articolo sulle acque dolci: ruscelli, torrenti, fiumi, laghi, e anche invasi e canali artificiali costituiscono una rete vitale per gli esseri viventi. Per l’uomo si tratta di una risorsa indispensabile per dissetarsi e condurre le attività agricole e industriali: un bene prezioso che non sempre viene conservato e tutelato come dovrebbe. Le informazioni e i materiali da presentare agli studenti sono completati da suggerimenti sulle buone pratiche e approfonditi spunti didattici, da proporre anche nella modalità della didattica a distanza.

La qualità delle acque dolci in Italia

Viviamo in un contesto di global change e anche nel nostro Paese la disponibilità di acqua in termini quantitativi viene condizionata dai fenomeni climatici in atto, per esempio con l’aumento dell’aridità. Oltre a questo, però, esistono situazioni locali in Italia che influenzano anche l’aspetto qualitativo delle acque interne. Per valutare la qualità delle acque l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) si serve di indicatori per lo stato chimico ed ecologico fissati a livello comunitario. Sono tenuti sotto controllo, per i parametri ambientali sia chimici che naturali, 347 laghi e 7493 fiumi.

In Italia complessivamente lo stato chimico “buono” è stato ottenuto dal 48% dei laghi e dal 75% dei fiumi. Più del 40% dei corpi idrici nello stato chimico “non buono” si trova nei distretti padano, delle Alpi orientali e dell’Appennino settentrionale. Ci sono pochi dati e non confortanti per l’Appennino meridionale e la Sicilia. Per i laghi, la situazione migliore si rileva in Valle d’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Abruzzo, Molise e la provincia di Bolzano.

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Stato chimico dei fiumi (a sinistra) e dei laghi (a destra) in Italia: il verde indica uno stato “buono”, il rosso uno stato “scarso”, il grigio un dato non classificato. In ciascuna cartina, in alto a destra è rappresentato il dato nazionale (Fonte: Annuario dei dati ambientali ISPRA, 2018)

Gli inquinanti e i danni all’uomo e all’ambiente

I composti  derivanti dalle attività agricole, come nitrati e fosfati, sono dannosi per l’ecosistema perché provocano l’aumento dello stato trofico delle acque, cioè il grado di attività biologica che avviene in esse. Alcuni composti chimici disciolti nelle acque reflue stimolano la crescita della vegetazione acquatica e conseguentemente riducono la disponibilità giornaliera di ossigeno per tutta la comunità vivente.

Fra le sostanze di natura antropica che possono determinare una valutazione negativa dello stato chimico delle acque dolci quelle più preoccupanti per il loro impatto sulla salute sono i metalli pesanti,  i derivati dei pesticidi, i solventi e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Questi composti, insieme alle microplastiche, tendono a generare fenomeni di bioaccumulo e di biomagnificazione. Il bioaccumulo è il fenomeno per cui un certo composto chimico tende ad accumularsi nei tessuti di un singolo essere vivente che vive in un mezzo contaminato. La biomagnificazione è il fenomeno di moltiplicazione della quantità di contaminante nelle cellule viventi per effetto del passaggio attraverso la catena alimentare.

Inquinanti organici persistenti (POP) riconosciuti come tossici (per esempio DDT e PCB), prodotti dalle industrie da più di quarant’anni, si sono accumulati nell’organismo dell’uomo e degli animali danneggiando le loro funzioni biologiche: oggi continuano a costituire una minaccia per la loro tossicità, perché avendo una degradazione a lungo termine sono ancora rilevabili in piccole quantità nelle acque.

Un disastro ambientale

Nonostante il nostro Paese abbia una certa capacità di controllo sui rischi ambientali, i casi tristemente famosi sono molti. Si conosce da tempo la fragilità del Lambro, un affluente di sinistra del Po che scorre in Brianza e tocca centri come Milano e Monza: quella che attraversa è una zona altamente industrializzata e densamente popolata e che acquisì nel 2010 un ulteriore apporto di contaminanti a causa dello sversamento doloso di un’enorme quantità di idrocarburi, uno dei disastri ambientali più gravi della nostra storia. Uno studio del 2016 del servizio informativo Science for Environment Policy dell’UE, che mette a confronto le acque del Lambro e del Po, mostra che il livello di sostanze chimiche prodotte attraverso processi industriali come i PCB (policlorobifenili) e il nonilfenolo (un composto organico che interferisce con il sistema endocrino) sono sei volte più abbondanti nel Lambro, suggerendo quindi prudenza nel consumo di pesce proveniente dall’area fluviale più contaminata. Altri contaminanti da non ignorare sono i pesticidi e i loro metaboliti.

La contaminazione da pesticidi delle acque interne

Negli anni 2015/2016 l’ISPRA ha valutato la contaminazione da pesticidi nelle acque interne con un’azione sistematica sul territorio nazionale. Sono stati analizzati 35.353 campioni di acque superficiali e sotterranee rilevando 259 sostanze. Il composto che più di frequente supera i limiti è il glifosate e il suo metabolita AMPA.

Sono stati trovati pesticidi nel 67% dei 1.554 punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 33,5% dei 3.129 punti delle acque sotterranee, con valori superiori agli Standard di Qualità Ambientale. Alcune aree registrano una concentrazione particolarmente alta: per esempio, la presenza dei pesticidi interessa oltre il 90% dei punti delle acque superficiali in Friuli Venezia Giulia, provincia di Bolzano, Piemonte e Veneto, oltre l’80% dei punti in Emilia-Romagna e Toscana, e supera il 70% in Lombardia e in provincia di Trento. Nelle acque sotterrane è particolarmente elevata in Friuli (81%), in Piemonte (66%) e in Sicilia (60%).

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Livelli di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee in Italia (Fonte: ISPRA, 2016)

Che cosa possiamo fare

Alla giusta idratazione è legata la nostra salute, quindi nella gestione delle nostre azioni quotidiane non dobbiamo mai dimenticare quanto sia importante e per nulla scontato avere a disposizione dell’acqua sicura. L’Obiettivo 6 dell’Agenda 2030 mira a ottenere le condizioni di sicurezza dell’acqua per il consumo umano nelle parti del mondo più a rischio: secondo l’OMS ben 2 miliardi le persone rischiano di consumare acqua contaminata da escrementi. Anche se il nostro non è un Paese a rischio per la contaminazione fecale, va tenuta sotto controllo la contaminazione chimica e bisogna avere consapevolezza delle conseguenze sulla disponibilità d’acqua generate dal cambiamento climatico.

  • Ognuno di noi deve adottare abitudini quotidiane mirate ad evitare lo spreco d’acqua, per esempio: 
  1. non tenere aperti i rubinetti quando non è necessario e tenere sotto controllo l’impianto idrico, facendo attenzione alle possibili perdite;
  2. chiudere il rubinetto generale dell’acqua quando state molto tempo fuori casa;
  3. utilizzare cassette di risciacquo che permettano di controllare la quantità d’acqua scaricata;
  4. utilizzare la doccia piuttosto che la vasca;
  5. evitare di lavare l’automobile da soli e utilizzare i servizi di lavaggio, in grado di ridurre gli sprechi;
  6. irrigare con parsimonia e competenza sulla base delle esigenze delle piante;
  7. bere le acque di rubinetto, che in Italia sono controllate e sicure, evitando l’acquisto di acqua in bottiglia.
  • Porre particolare attenzione alla raccolta differenziata in casa: alcuni rifiuti infatti possono seriamente danneggiare le riserve idriche. Per esempio:
  1. raccogliere e smaltire correttamente gli oli di frittura, gli oli delle conserve ecc. Questi oli “esausti”, cioè non più utilizzabili perché degradati, devono essere smaltiti nel modo corretto e non gettati nel lavandino, possono infatti inquinare il suolo rendendolo meno fertile e contaminare i pozzi d’acqua, oltre che danneggiare tubature e depuratori. Recentemente, poi, si stanno facendo progressi per il riutilizzo di questi rifiuti nella produzione di biodiesel, un combustibile molto meno inquinante del diesel di origine fossile;
  2. raccogliere e smaltire correttamente oli, vernici e solventi. Queste sostanze tossiche e inquinanti devono essere raccolte in contenitori ermetici e conferite nelle isole ecologiche. Naturalmente il loro utilizzo deve essere ridotto al minimo indispensabile e possibilmente queste sostanze devono essere maneggiate e utilizzate da personale qualificato. 
  • Ci sono misure di prevenzione che vanno adottate, invece,  per difendere la salute. Una delle più importanti è l’informazione: avere consapevolezza dei problemi, utilizzando fonti affidabili

Fare Geo

  • Emergenze locali. L’inquinamento delle acque a livello locale è un fenomeno che ci tocca da vicino perché può condizionare le nostre abitudini di vita. Chiedete ai ragazzi di fare un reportage su uno dei casi più conosciuti di contaminazione delle acque nella storia del nostro Paese.

Oltre a far riferimento al caso del fiume Lambro, presentato nell’articolo, potete prendere come esempio la situazione in Veneto: nella cartina qui sotto (aggiornata al 2018) sono illustrati i livelli di inquinamento da PFAS nelle acque sotterranee, superficiali e potabili della provincia di Padova. Partendo da questo dato, è possibile raccogliere altre informazioni in rete per documentare l’ampia diffusione degli inquinanti nei bacini idrologeologici della zona e il conseguente allarme ambientale.

Affidate la ricerca in rete di altre situazioni di degrado delle risorse idriche (per esempio nella provincia di Brescia e nella regione Veneto) con il compito di realizzare una presentazione da condividere a distanza con il resto della classe. Proponete questa sequenza di slide:

  1. L’area geografica di studio e il periodo storico (con cartina e linea del tempo)
  2. Il disastro ambientale (in che cosa consiste? da che cosa è stato causato?)
  3. Le conseguenze (che danni ambientali ha provocato?)
  4. Il risanamento (che provvediamenti si sono presi per sanare la situazione?)
  5. Oggi (come è cambiata la situazione dall’emergenza?)
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Aree della regione Veneto classificate secondo il livello di inquinamento da PFAS, sostanze perfluoro alchiliche (aggiornamento 2018)
  • Un problema sotto casa. Facendo riferimento all’esperienza diretta dei ragazzi, proponete loro di individuare un episodio di inquinamento delle acque avvenuto nella loro regione e di presentarlo come esempio di degrado ambientale, illustrandone le caratteristiche principali ed eventualmente le soluzioni adottate: quali sono i componenti che inquinano e per che cosa vengono utilizzati? quali sono gli effetti tossici? quanto è vasta l’area contaminata? quali azioni sono state intraprese dalle autorità? che risultati hanno ottenuto?

Queste domande possono costituire l’ossatura di una presentazione (arriccchita da immagini e considerazioni personali) oppure essere fatte oggetto di un’intervista a un componente della famiglia che si ricorda di un episodio di questo genere. Potete chiedere, per esempio, di registrare l’intervista e di farla ascoltare ai compagni di classe per ricostruire un pezzo della storia ambientale della regione di appartenenza.

  • Una decisione difficile. Un’azienda multinazionale chimica vuole produrre un rivestimento impermeabile per pentole o vestiti, come il teflon, da distribuire su scala mondiale, ma la produzione non è esente da rischi ambientali. Presi i dovuti accordi con i sindaci locali e le autorità regionali, ottiene il permesso di iniziare la produzione. A vostro giudizio, per ridurre al minimo il rischio ambientale, in quale area inclusa in un dato bacino idrografico dovrebbe sorgere la fabbrica? Procedete per fasi:
  1. Per prima cosa, coinvolgete tutta la classe individuando con precisione il bacino idrografico che farà da scenario all’attività industriale: potete utilizzare uno strumento di cartografia digitale e circoscrivere l’area con un poligono.
  2. Una volta stabilita l’area di studio, dividete la classe in gruppi di lavoro, ciascuno con una diversa mansione: un gruppo si può dedicare al censimento dei centri urbani che si trovano lungo il corso del fiume, annotando la posizione, la consistenza demografica della popolazione, le strade interne di collegamento, quale si trova a monte, quale a valle. Un gruppo si dedica invece alle aree naturali e alle eventuali zone umide, zone di parco o di riserva, e si aggiorna sulle normative sulla protezione ambientale delle zone idriche. Un altro gruppo raccoglie informazioni sui rischi della produzione del teflon.
  3. Al termine del lavoro i tre gruppi produrranno una presentazione sintetica che metteranno in condivisione sulla piattaforma dedicata alla didattica a distanza.
  4. L’ultimo passo consiste nell’individuazione dell’area meno a rischio per la produzione: potete proporre una votazione individuale (o a gruppi) per dare una risposta collettiva, motivando la scelta.
  • Sulle tracce dell’acqua. I viaggiatori arabi in epoca medievale descrivono la Sicilia come ricca di acque. Nel Libro di Ruggero al-Idrīsī, il geografo arabo della corte del re normanno Ruggero II, descrive per il sovrano ogni luogo della Sicilia partendo sempre dall’abbondanza d’acqua che lo caratterizza. Proponete la lettura di alcuni brani tratti dagli scritti del geografo arabo e affidate ai ragazzi il compito di individuare sulla carta (possibilmente utilizzando la cartografia messa a disposizione dall’ISPRA) i toponimi riconducibili alla presenza di acqua ancora esistente o non più disponibile (via dei Mulini; Favara; Scillato). Dai confronti nel tempo e nello spazio si possono attivare meccanismi di presa di coscienza che possono sensibilizzare i ragazzi, inducendoli a realizzare azioni di risparmio idrico.
  • Al bando le bottiglie. Secondo il Water Grabbing Observatory, l’osservatorio internazionale su fenomeni sociali, ambientali ed economici legati all’acqua e al clima, l’Italia è il secondo consumatore di acque in bottiglia al mondo: ognuno di noi, in media, ogni anno ne beve 208 litri. Prendendo spunto dalla campagna #StopAcquaInBottiglia, analizzate i dati forniti e riflettete sul mercato dell’acqua a livello globale, considerando le implicazioni dei cambiamenti climatici e i conflitti per il controllo delle risorse idriche nel mondo, in territori altamente conflittuali come il Medio Oriente.

Chiedete a ogni studente di produrre un breve messaggio contro l’utilizzo delle bottiglie di plastica, comunicando i dati più importanti della campagna e spronando a compiere pratiche sostenibili. Potete suggerire diversi strumenti per realizzare il messaggio, lasciando i ragazzi liberi di adottare quello che sentono più adatto alle loro capacità: locandina o card grafica per le Stories dei social (file grafico), messaggio radio (file audio), breve spot (file video).

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