Temi di geopolitica #3 - La globalizzazione è finita?

Temi di geopolitica #3 - La globalizzazione è finita?

Proseguiamo la serie di contributi di geopolitica proposti da geografi specialisti. Oggi parleremo della globalizzazione, della sua affermazione nei rapporti politico-economici internazionali e della sua trasformazione e crisi in seguito agli eventi all’inizio del nuovo millennio, fino ai giorni nostri. L’articolo è a cura di Alessandro Ricci, professore associato di Geografia politica all’Università di Bergamo e membro del Gruppo di lavoro sulla geopolitica di AGEI (Associazione dei Geografi Italiani).

Globalizzazione o divisione?

Il muro tra Stati Uniti e Messico che è stato al centro della campagna elettorale statunitense e ora della politica trumpiana. Il confine invalicabile di Gaza che rinchiude la popolazione palestinese e che è stato drammaticamente superato nell’attentato del 7 ottobre 2024. Quello ucraino varcato dalle truppe russe nel febbraio del 2022. E ancora la linea che separa le due Coree da ormai 70 anni, corrispondente al 38° parallelo Nord. I confini e le frontiere disegnano una mappa mondiale di divisioni, fratture, conflitti e chiusure.

Ma non dovevano essere superati, oggetto obsoleto del Novecento, in virtù della globalizzazione?

muro-di-confine-USA-Messico-Tijuana
Il muro di confine tra San Diego (California, USA) a sinistra e Tijuana (Messico) a destra.

L’era della globalizzazione moderna

L’evento simbolico dell’abbattimento del muro di Berlino, il 9 novembre 1989, aveva indotto molti politologi, tra i quali Francis Fukuyama e Kenichi Ohmae, a ritenere che il futuro assetto globale avrebbe conosciuto il superamento delle barriere nazionali, nonché la progressiva inconsistenza degli Stati nazionali.

Si pensava che questa traiettoria, considerata per molti versi inevitabile, sarebbe stata possibile grazie a due dinamiche tra esse interrelate.

  • Una di carattere politico: il colosso sovietico era stato ormai sconfitto e aveva mostrato che i “regimi forti” nascondevano in realtà un’intrinseca debolezza, favorendo le democrazie aperte e liberali.
  • Un’altra di carattere economico-finanziario: le reti finanziarie, le connessioni commerciali globali e le intrecciate economie regionali avevano reso obsoleti i confini tra le nazioni e la stessa dimensione politica sembrava pacificata e appiattita, come sostenne Thomas Friedman.

La fase di fiducia nella globalizzazione è perdurata per tutto il decennio degli anni Novanta, che ha rappresentato certamente l’apoteosi delle prospettive di superamento dei confini.

targa-Muro-di-Berlino
Una delle targhe che a Berlino ricordano la collocazione del Muro di Berlino, costruito nel 1961 e abbattuto nel 1989.

La crisi della globalizzazione

L’evento-simbolo dell’apertura del nuovo millennio fece ripiombare il mondo nelle più cupe prospettive conflittuali: l’11 settembre 2001 vide il ritorno prepotente della conflittualità su base religiosa, etnica, regionale, linguistica e confessionale, di cui già si erano osservati i prodromi nella decennale guerra dei Balcani.

Quella tragedia ha simbolicamente rappresentato l’avvio di una fase internazionale in cui la globalizzazione politica avrebbe subito decisivi colpi: la prospettiva di un mondo politicamente integrato, fondato su un solo polo ordinatore, ha mostrato le sue crepe prima con le operazioni belliche in Afghanistan e in Iraq, poi con il riassurgere del terrorismo islamico, con la vicenda dell’Isis, con la questione migratoria e della sicurezza nazionale ad essa connessa.

Anche la globalizzazione economico-finanziaria, che pareva inarrestabile, con la crisi del 2007-2008 e le sue ripercussioni regionali, ha evidenziato gli enormi rischi di una finanza su base globale senza vincoli regolatori e statuali e il ritorno ad agende economiche su base nazionale.

Torri-gemelle-11-settembre-New-York
Vigili del fuoco e giornalisti vicino all’area (oggi conosciuta come Ground Zero) dopo il crollo delle Torri Gemelle l’11 settembre 2001 a New York.

L’affermazione di una prospettiva sovranista

Le due colonne portanti della globalizzazione subivano fratture difficili da risanare. Contestualmente, il dibattito politico in Occidente e non solo, dall’inizio del nuovo millennio è sempre più ruotato intorno a fattori che si credevano ormai superati: il tema identitario, la sicurezza incentrata sui confini e sul loro controllo, la lotta all’immigrazione clandestina, la contestazione degli organismi sovranazionali e internazionali, incapaci di garantire le funzioni proprie degli stati nazionali.

Anche dal punto di vista economico sono stati temi cruciali le contestazioni alla logica globale del mercato fondata sulle multinazionali, alle libertà sfrenate di cui gode la finanza globale – anche dopo la crisi – fino all’integrazione delle economie europee e alla moneta unica.

Nella messa in crisi dell’impianto della globalizzazione sembrano superarsi anche le divisioni politiche. Se alcuni temi securitari e identitari sono più cari ai sovranismi e alle destre occidentali, da sinistra movimenti come Occupy Wall Street o quello più esteso “no-global” dell’inizio degli anni Duemila dimostrano come, con presupposti e obiettivi diversi, la globalizzazione sia un vestito troppo stretto per la realtà odierna.

La rinuncia al superamento delle barriere

Se tali movimenti politici e di contestazione sociale hanno vividamente incarnato un cuneo che ha sempre più dilaniato le fondamenta ideologiche della globalizzazione politica ed economica, i fatti più recenti rappresentano ulteriori tasselli dello smantellamento di questo quadro.

Si pensi alle guerre scoppiate negli ultimi due anni; alle risposte alla questione sanitaria emersa con il Covid, date prevalentemente a livello nazionale; o alle fratture geopolitiche che a livello internazionale hanno incarnato il ritorno dei confini e delle appartenenze nazionali. Tutto questo – e molto altro – ci indica chiaramente che il superamento delle barriere tra popoli, culture e civiltà, per come era stato immaginato negli anni Novanta, non è mai avvenuto realmente. O, se è avvenuto, è durato poco.

La geografia, osservatorio dei fenomeni geopolitici

Per studiare i rapporti di potere e le rivalità territoriali, la geopolitica è lo strumento di analisi più efficace, perché unisce in sé prospettive diverse e tra loro complementari: elementi di storia, di economia, di antropologia e di diritto internazionale trovano nel terreno geopolitico il loro naturale punto di incontro.

La geografia rappresenta la disciplina madre, che racchiude in sé l’analisi multiprospettica incentrata proprio sulla dimensione territoriale, compresa nella sua veste di rapporti di potere, tipici della geopolitica: il prefisso “geo”, nelle sue diverse sfaccettature, rimanda alla centralità della superficie terrestre e alla rilevanza – mai tramontata – delle carte geografiche come strumento di comprensione e di modellamento della realtà.

Alessandro Ricci


Relazioni- corso-Deascuola-Geografia-Secondaria-secondo-grado

Scopri tutti i contenuti del nuovo corso di Geografia “Relazioni” per la Scuola secondaria di secondo grado, che esplora le dinamiche globali contemporanee con particolare attenzione agli scenari economici, ambientali e geopolitici.

I contributi sono stati scritti da un team di specialisti di geopolitica dell’Associazione dei Geografi Italiani (AGEI), coordinati dal Prof. Edoardo Boria, ordinario di geografia politica all’Università di Roma La Sapienza.

webinar-geopolitica-deascuola

Partecipa ai webinar dedicati ai docenti di Geostoria e Geografia della scuola Secondaria di II grado.

Leggi anche

Leggere il paesaggio - 8. La Masuria, terra di laghi e castelli
La via del lapislazzuli
Cosa significa adattarsi al clima che cambia
Temi di geopolitica #2 - Che cos’è la geopolitica
Temi di geopolitica #1 - Le dinamiche migratorie oggi
GeoNight 2024: due notti per scoprire il fascino della Geografia