Il 6 febbraio 2023 alle 02:17 ore italiane (04:17 locali) la Turchia meridionale e la Siria settentrionale sono state colpite da un terremoto molto intenso con una magnitudo pari a 7.9 (7.7 secondo la stima dell’AFAD, Agenzia turca per la gestione dell’emergenza e dei disastri). Si è generata un’energia pari a 30 volte il terremoto dell’Irpinia (1980) e circa 900 volte quella del terremoto di Amatrice (2016). L’ipocentro del sisma, secondo le rilevazioni, era posizionato a soli 20 km di profondità. Il terremoto ha colpito una zona altamente sismica, tra quelle con la pericolosità sismica più alta del Mediterraneo, dove sono a contatto quattro placche tettoniche (anatolica, euroasiatica, africana e arabica). Lungo la faglia anatolica orientale si è prodotto un imponente spostamento orizzontale della crosta terrestre che ha coinvolto un’area lunga 190 chilometri e larga 25. La prima scossa ha infierito su una zona densamente abitata, in cui molte costruzioni non erano in grado di resistere a terremoti di tale intensità, ed è stata seguita da numerose repliche di magnitudo anche elevata e una nuova scossa molto forte, M 7.5, è stata registrata alle ore 11:24 italiane con epicentro a nord rispetto all’evento delle 02:17.
Abbiamo intervistato il sismologo Stefano Solarino, Senior Researcher dell’INGV, per conoscere più nel dettaglio questo terremoto e fare alcune riflessioni più generali sulle caratteristiche degli eventi sismici e sul rapporto tra prevenzione ed educazione.
Per seguire le repliche del terremoto turco-siriano, è possibile consultare la pagina web curata dall’INGV (dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
È disponibile anche un’animazione che consente di osservare la sequenza di scosse che hanno colpito Turchia e Siria.
Perché è così importante comprendere le cause e le modalità con cui insorge un terremoto?
L’utilità principale degli studi sui terremoti è legata in particolare alla capacità di raccogliere dati coerenti per creare una mappa della pericolosità sismica di un determinato territorio.
I sismologi lavorano sempre con dati indiretti sui fenomeni che avvengono nelle profondità della Terra, ma misurazioni sempre più precise ottenute con strumenti aggiornati e molto sensibili consentono loro di tracciare quadri sempre più attendibili, con riferimento alla localizzazione, alla profondità e all’energia sviluppata durante un terremoto.
Con l’accumulo dei dati e delle informazioni raccolte di più eventi sismici in una certa area geografica, si riesce a creare un patrimonio di conoscenze molto strutturato e sempre più preciso che ha un valore inestimabile in termini di prevenzione.
Quali sono le informazioni più attendibili e utili sui terremoti?
Le uniche fonti affidabili sono quelle fornite dagli enti ufficiali e dalle autorità scientifiche. In Italia l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) è l’ente deputato allo studio dei fenomeni sismici sul territorio nazionale, e uno dei più prestigiosi istituti in questo campo a livello internazionale.
Le informazioni sui terremoti vanno quindi ricercate e accettate se provenienti da istituti di ricerca come l’INGV, mentre quelle rielaborate e diffuse dai mezzi di informazione (on line e off line) vanno attentamente valutate e selezionate. Spesso infatti, pur partendo da fonti attendibili, questo tipo di divulgazione risulta imprecisa e approssimativa, se non errata.
I dati relativi alla magnitudo del terremoto comunicati dall’Agenzia turca per le emergenze si scostano un po’ da quelli diffusi dall’INGV. La rete turca di rilevazione dei terremoti è attendibile?
Il calcolo della magnitudo di un terremoto viene effettuato con modalità leggermente diverse, anche se i dati ricevuti dai sismografi sono comuni a tutti gli enti di rilevazione. È quindi comune riscontrare piccole differenze nei dati forniti dagli enti di ricerca nazionali. In questo caso la discrepanza tra i dati forniti dai due enti consiste in qualche decimo di magnitudo, una grandezza assolutamente accettabile.
Questo dato ci fa capire che la rete di rilevazione turca è attendibile, anche in virtù del fatto che ha accumulato una notevole esperienza “sul campo” dal momento che nel corso degli anni ha studiato un cospicuo numero di terremoti, anche di grande intensità (per esempio quelli del 1939 e del 2003). La conoscenza della geologia del territorio e l’attrezzatura strumentale utilizzata dai sismologi turchi (più di 1000 stazioni sismiche) rendono i loro studi affidabili.
Quali fattori intervengono nella conoscenza di un terremoto e nell’adozione di un’efficace prevenzione?
Il grado di affidabilità nella rilevazione e nello studio dei terremoti mi porta a fare una considerazione più ampia, valida per la Turchia ma anche per l’Italia. Entrambi i Paesi hanno un grado di conoscenza della conformazione del territorio molto profondo e hanno un’elevata capacità di individuare dove sono avvenuti e dove avverranno tendenzialmente i terremoti. Questo però non è sufficiente.
Il rischio sismico in un determinato territorio è il prodotto di tre fattori:
- la pericolosità della zona, cioè la potenzialità che in quell’area si verifichi un terremoto;
- la vulnerabilità, che indica la maggiore o minore tendenza delle opere edili a subire danni (sostanzialmente dipende dai materiali e dalle tecniche di costruzione utilizzate);
- il valore esposto, che indica la densità di persone e oggetti vulnerabili sul territorio.
Di questi tre fattori, la pericolosità è l’unico su cui non si può intervenire, trattandosi di un aspetto naturale, mentre gli altri due possono essere oggetto dell’intervento umano.
Se torniamo al terremoto in Turchia, osservando una carta delle recenti scosse sismiche ci si accorge facilmente che molte città sono state costruite lungo le faglie principali (est anatolica e nord anatolica). In sostanza, si è costruito dove non si sarebbe dovuto costruire, un azzardo in un territorio con quella conformazione geologica. In questo caso, per abbassare il livello di rischio sismico – siccome è impensabile smantellare interi centri urbani (basti pensare che tra le città a rischio c’è Istanbul) – bisogna lavorare molto sui due fattori di vulnerabilità aumentando la resistenza degli edifici e riorganizzando la distribuzione della popolazione.
Da questo punto di vista, qual è la situazione italiana?
Nel secondo dopoguerra, In Italia (come altrove in Europa) si è costruito moltissimo in tempi brevi per dare un’abitazione a milioni di cittadini dopo la distruzione bellica. In quel periodo non esisteva nessuna norma tecnica antisismica, quindi il 65% delle costruzioni venne edificata senza il rispetto di alcuna norma sismica.
A questa percentuale, già molto alta, vanno aggiunti i monumenti, alcuni dei quali conservano caratteristiche statiche di rischio perché, pur potendo essere bonificati, hanno dei vincoli artistici e ambientali che impediscono qualsiasi intervento. Un esempio eccellente è il Colosseo, che per metà insiste su un terreno che amplifica le onde sismiche (è la metà che appare monca; l’altra parte poggia su roccia): questa metà andrebbe messa in sicurezza a scapito del suo valore estetico e artistico, un’operazione che per ovvi motivi non è mai stata effettuata.
Italia e Turchia sono due esempi di un processo di edificazione avvenuto, per motivi diversi, al di fuori delle norme sismiche. In realtà in Turchia da circa vent’anni esiste una legislazione che regola la costruzione di nuovi edifici, ma è sistematicamente disattesa per l’urgenza di dare abitazioni alla popolazione e risparmiare sui materiali. Una situazione di altissimo rischio che interessa numerose città, compresa Istanbul, una metropoli di oltre 15 milioni di abitanti eretta su una delle faglie più pericolose di quella porzione di territorio.
La rete italiana di rilevazione dei sismi è rapida ed efficiente?
Assolutamente sì. Da molti anni in Italia sono attive sia una rete accelerometrica, che registra l’accelerazione che subisce il terreno, sia una rete velocimetrica, che registra i terremoti in maniera tradizionale. Entrambe le reti sono articolate su circa 500 stazioni sismiche di ultima generazione, particolarmente concentrate nelle zone in cui la carta di pericolosità individua gli eventi sismici più rilevanti in passato.
In più c’è una strumentazione mobile, pronta a essere utilizzata direttamente nel luogo in cui si verifica un terremoto, con lo scopo di rilevare i dati del sisma a ridosso della sua manifestazione. Si tratta di una raccolta di dati che, sebbene a posteriori, è utilissima per studiare a fondo la natura del fenomeno e arricchire le conoscenze generali sui terremoti.
Il grado di affidabilità della rete di rilevazione italiana è altissimo. Gli algoritmi che consentono di localizzare l’evento sismico e calcolare la sua magnitudo, per allertare eventualmente in modo immediato la Protezione Civile, pongono il nostro Paese al livello dei sistemi di rilevazione più avanzati nel mondo.
Dati più precisi e attendibili possono servire a predire futuri eventi sismici e a tracciare mappe del rischio e della pericolosità utili per la prevenzione di eventuali danni futuri?
Premesso che non è possibile prevedere un terremoto (cioè quando, dove e come si verificherà), i dati raccolti e la loro organizzazione sicuramente sono fondamentali per conoscere meglio il meccanismo con cui avvengono i sismi e per avere più dettagli sull’estensione delle aree che verranno colpite. Le informazioni migliorano la conoscenza del fenomeno e consentono di attrezzarsi per il futuro.
Che cosa ci insegna il forte terremoto avvenuto tra Turchia e Siria?
La prima lezione è che le catastrofi del passato non vanno dimenticate. Se infatti è vero che il recente terremoto in Turchia non ha precedenti per intensità ed estensione in quella parte di mondo e per il periodo storico che siamo in grado di studiare da un punto di vista sismico, è altrettanto vero che in quella zona negli ultimi decenni si sono susseguiti una serie di terremoti terribili.
Non bisogna nemmeno coltivare l’atteggiamento di chi pensa che i disastri naturali abbiano una ciclicità molto ampia e che quindi si verifichino a intervalli molto lunghi, e non possano così toccare nuovamente un territorio dopo poco tempo. Questo non è assolutamente vero, e nell’arco di un’esistenza umana è purtroppo possibile assistere a più eventi catastrofici.
Un altro atteggiamento da evitare di fronte a eventi come il terremoto in Turchia e Siria è quello fatalistico: non è per niente vero che “non ci possiamo fare niente”. Intervenendo sui fattori di vulnerabilità, è possibile prepararsi meglio e contenere significativamente i danni.
Poi c’è l’aspetto comunicativo e informativo. Drammi di questa portata confermano tristemente che c’è sempre bisogno di parlare a ogni livello di prevenzione e conoscenza del fenomeno terremoto. Ogni anno a ottobre, per esempio, si tiene la manifestazione “Io non rischio” in cui i volontari della Protezione Civile incontrano la popolazione raccontando la pericolosità di alcuni eventi naturali e il modo corretto per prepararsi.
La scuola è l’ambito privilegiato per comunicare queste informazioni, sensibilizzando le nuove generazioni sia attraverso incontri e conferenze, sia attraverso approfondimenti nei manuali per mettere in luce quali siano i comportamenti corretti da tenere in caso si verifichi un terremoto.
Per esperienza personale ritengo che bisognerebbe dedicare una parte delle ore di Educazione civica agli aspetti legati ai terremoti e alle situazioni di rischio in genere (per esempio, non andare in riva a un fiume in piena per farsi un selfie o passare con l’automobile in un sottopasso allagato). È necessario educare a valutare le situazioni di pericolo e a mettere in atto comportamenti salvavita. La prevenzione passa anche per l’educazione.
Per fare un esempio virtuoso, in occasione del tremendo maremoto in Indonesia del 2004 molti bambini locali si salvarono perché avevano appreso a scuola attraverso una filastrocca di tenersi lontano dalle spiagge in caso di terremoto. Un messaggio salvavita comunicato grazie a strumenti educativi coinvolgenti e a un linguaggio vicino ai ragazzi e alle ragazze. Viceversa, persero la vita molti turisti che dopo la scossa di terremoto andarono in spiaggia pensando che il pericolo fosse passato o riguardasse altri territori.
Dal punto di vista scientifico, ci possiamo aspettare progressi dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale?
È un campo molto affascinante e promettente. L’intelligenza artificiale potrebbe ampliare la capacità degli algoritmi di organizzare le informazioni e applicarle ad aree diverse da quella in cui sono avvenuti i fenomeni sismici, con una velocità e precisione sicuramente maggiore di qualsiasi studio realizzato con le sole forze umane.
Fare Geo
- Scarica la guida “Prepara la tua casa al terremoto“, realizzata dall’INGV in collaborazione con altri enti europei, che spiega come è possibile migliorare la sicurezza della propria casa attraverso una serie di passaggi, dai piccoli accorgimenti facilmente realizzabili in ogni abitazione fino agli interventi eseguiti da professionisti. Consultare l’opuscolo in classe, condividendo impressioni e riflessioni, rappresenta un’occasione di educazione e prevenzione per conoscere i comportamenti corretti da tenere in funzione di un evento sismico.