Gli stereotipi nella storia: come riconoscerli e come smontarli

Gli stereotipi nella storia: come riconoscerli e come smontarli

Victor Hugo sosteneva che “ogni pensatore che vorrà diventare oratore, muovere le masse, dominare le assemblee, non avrà da far altro che passare dalla ragione delle idee al dominio dei luoghi comuni”. Un programma perfetto per agitatori di popolo: dire alla gente quello che si vuole sentir dire o, anche, quello che si è sempre detto. Per chi invece sente l’esigenza di pensare con la propria testa e allontanarsi dai cliché ideologici sarà bene affidarsi al metodo storico e al suo sguardo distaccato e critico. È questo l’obiettivo della proposta didattica che illustriamo in questo articolo: “Italiani brava gente”, il colonialismo italiano e i suoi stereotipi.

Di che cosa stiamo parlando?

Luoghi comuni e stereotipi: che cosa sono? Si tratta di nozioni abbastanza simili. Designano idee, concezioni tanto diffuse, quanto poco motivate. Consistono soprattutto in generalizzazioni, applicate in particolare a intere categorie sociali “Gli Scozzesi (o i Genovesi) sono tirchi”; “Gli Svizzeri sono ordinati”; “Gli uomini amano le bionde, ma sposano le brune”; “Le donne sono volubili”. 

Sono il frutto della tendenza del nostro cervello a operare “in economia” e servono per lo più a giustificare abitudini e comportamenti, senza approfondirne le vere origini, e senza metterli in discussione.  Molto spesso sono l’eredità di vecchie tradizioni di pensiero, a cui ci adeguiamo anche senza rendercene conto; la loro fragile consistenza si rivela solo quando il contesto socioculturale in cui si sono formati entra in crisi, e cambia.

Non senza resistenze, però: una delle caratteristiche degli stereotipi è di essere “duri a morire”, e ad essi si attaccano le persone che per ragioni culturali o socioeconomiche vivono con disagio i cambiamenti. Quando luoghi comuni e stereotipi guidano il nostro modo di vedere le cose e di giudicarle, allora si trasformano in pregiudizi (per esempio: “Questo mestiere non fa per te, che sei una donna!”) e diventano negativi non solo sul piano della conoscenza corretta della realtà, ma anche su quello della convivenza e delle relazioni sociali.

Tra i luoghi comuni più frequenti e radicati nella nostra società ci sono quelli rivolti al mondo femminile. Se è vero che essi hanno cominciato a essere smontati man mano che mutava il ruolo delle donne e che esse acquisivano coscienza dei propri diritti, in realtà la loro permanenza nella mentalità diffusa è ancora forte.

Approfondimenti. Ecco alcuni spunti per approfondire il tema della parità di genere con gli studenti affrontando i luoghi comuni legati alle discriminazioni di genere.

  • Melinda Gates, Spiccare il volo: Quello che ho imparato dalle donne, Piemme, 2019
  • Bastava chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano, Laterza, 2020
  • Film. Sognando Beckham (2002, durata 112 minuti)
  • Film. Mean girls (2004, durata 97 minuti)

Stereotipi e giudizio storico

Talvolta stereotipi e pregiudizi finiscono con l’influenzare gli stessi studi scientifici e storiografici: pensiamo a quante pagine sono state scritte in passato per giustificare la supremazia dei bianchi sulle altre razze, o a quello che in ambito storiografico è forse il luogo comune più resistente: i “secoli bui del Medio Evo”. Anche se sappiamo perfettamente che la nozione stessa di Medio Evo è stata creata nell’ambito della polemica rinascimentale contro la cultura dei secoli precedenti, visti come una semplice parentesi fra due periodi di grande civiltà, e nonostante che gli studi storici degli ultimi decenni abbiano totalmente smontato quest’immagine oscura del Medio Evo, tuttavia essa rimane ben salda nelle nostre menti e funge da riferimento per giudizi negativi, quali: “Ma non siamo più nel Medio Evo!”; “Ma è roba da Medio Evo!”.

Combattere i luoghi comuni con il metodo storico

Eppure, proprio lo studio della storia può fornire un importante contributo per combattere luoghi comuni, stereotipi e pregiudizi: è infatti in grado di mostrare la loro origine nel tempo, ovvero di evidenziare la loro inconsistenza di fronte ai risultati di una ricerca seria e rigorosa; tale studio favorisce inoltre la formazione del pensiero critico e lo sviluppo di una visione complessa e non superficiale della realtà.

Un caso di studio: il colonialismo italiano

Nell’attività didattica che proponiamo, vengono smontati alcuni stereotipi storici assai diffusi nell’opinione pubblica, e cioè quelli relativi al passato coloniale italiano, con particolare riferimento al periodo fascista, ma non solo.

È comune, infatti, la convinzione che il colonialismo italiano sia stato diverso dagli altri: “Gli Italiani in Africa hanno fatto del bene, hanno costruito ponti e strade”; “Gli Italiani sono brava gente: non si sono macchiati di violenze”; “Gli Italiani non sono mai stati razzisti”.

Tutti gli studi storici più recenti hanno dimostrato l’erroneità e l’infondatezza di queste affermazioni, che trovano la loro origine in parte in meccanismi psicologici di autoassoluzione. Tutto ciò accade anche più facilmente se si individua un capro espiatorio a cui addossare certe responsabilità: il mito degli “Italiani brava gente” è infatti complementare, almeno per quanto riguarda il secondo conflitto mondiale, a quello del “cattivo tedesco”. Ed è interessante notare come anche nel sentire comune tedesco sia stato riscontrato, specularmente, lo stesso fenomeno: non potendo però ricorrere a un capro espiatorio “esterno”, si è operato un distinguo “interno” fra il “buon soldato della Wermacht” e il “cattivo membro delle SS”.

Il radicamento di tali stereotipi è stato favorito anche da alcuni fattori storici contingenti: primo fra tutti il contesto della Guerra fredda, che all’indomani della Seconda guerra mondiale ha fatto rapidamente venir meno l’interesse e la volontà politica di perseguire i responsabili di crimini di guerra di epoca fascista, dal momento che ora il nuovo nemico, cui attribuire un’attenzione prioritaria, era il comunismo.

colonie-Italia-Fascismo-Africa
I possedimenti coloniali italiani in Africa nel periodo del fascismo.

La proposta didattica

Come fare per smontare questi stereotipi, così radicati nel tempo e nelle opinioni comuni? Come portare alla luce il fatto che sono il frutto di una perdita di memoria rispetto al nostro passato? Rispondere a queste domande è di grande aiuto anche per orientarci nella nostra realtà, fatta di comunità multietniche (tra cui proprio la scuola) in cui sempre più spesso ci troviamo di fronte a persone provenienti da realtà “altre”, la cui storia si è intrecciata con la nostra. È un percorso didattico che non ha lo scopo di colpevolizzarci in quanto “italiani”, ma che vuole stabilire una fedeltà storica ai fatti e porre le basi per rapporti più sinceri e rispettosi gli uni degli altri.

A questo proposito, abbiamo impostato un’attività didattica pensata per una classe quinta della scuola secondaria di secondo grado, di 12/14 ore complessive e articolata in 4 moduli. Questa attività vuole rendere consapevoli gli studenti della fallacia degli stereotipi storici legati al colonialismo italiano attraverso il metodo storico.

Titolo: “Italiani brava gente”: il colonialismo italiano e i suoi stereotipi

Classe di destinazione: quinto anno della scuola secondaria di secondo grado

Discipline coinvolte: Storia

Obiettivi formativi

  • saper partecipare in modo corretto e fattivo alle discussioni
  • acquisire capacità di collaborazione, di dialogo e di confronto nell’ambito del lavoro di gruppo
  • saper riconoscere luoghi comuni, stereotipi, pregiudizi

Obiettivi disciplinari

  • conoscere fasi e aspetti della politica coloniale italiana
  • saper distinguere fra storia e memoria
  • saper ricercare informazioni pertinenti al tema assegnato sul web       
  • acquisire consapevolezza dell’importanza della critica delle fonti
  • saper scrivere testi argomentativi di soggetto storico

Modalità: lezione partecipata, webquest

Materiali necessari: computer dotato di proiettore

Fasi dell’attività didattica

  1. Fase 1 / Presentazione dell’attività in classe: prima riflessione sul tema degli stereotipi in generale e in ambito storico (2 ore)
  2. Fase 2 / Gli stereotipi sulla storia dell’Italia coloniale: visione della trasmissione La nostra Africa, tratta da RAI Storia, integrata eventualmente dai testi proposti; discussione di gruppo (2 ore)
  3. Fase 3 / Attività critica attraverso la webquest: ricerca autonoma degli studenti divisi in gruppi su alcuni temi collegati ai principali stereotipi; redazione di un testo argomentativo da parte di ciascun gruppo (6/8 ore)
  4. Fase 4 / Correzione e valutazione collettiva dei testi realizzati (2 ore).

Durata totale: 12/14 ore

Fase 1. Presentazione dell’attività in classe

L’insegnante introduce l’argomento, presentando le nozioni di luoghi comuni, stereotipi e pregiudizi, fornendo esempi e stimolando gli studenti a individuarne essi stessi, tratti dalla loro esperienza quotidiana. 

Passa poi al caso specifico degli stereotipi storici, spiegandone la possibile origine – interpretazioni del passato che si sono profondamente radicate e che è difficile correggere, legate spesso ad abitudini scolastiche, ma talvolta anche a una memoria collettiva molto selettiva – e fornendo alcuni esempi.

Approfondimenti. Per condurre questa fase iniziale, segnaliamo alcune pagine web che trattano il tema degli stereotipi in generale o con riferimento ad alcune specifiche tematiche storiche.

Fase 2. Gli stereotipi sulla storia dell’Italia coloniale

In questa fase si affronta l’argomento specifico dell’attività didattica: il colonialismo italiano e i suoi stereotipi. Precisiamo qui che una collocazione ideale della nostra attività potrebbe essere nel contesto di una unità di apprendimento sul fascismo – in particolare su politica coloniale del fascismo e razzismo – oppure su colonialismo e decolonizzazione.

L’insegnante, dopo aver riassunto le diverse fasi del colonialismo italiano e le sue motivazioni, chiede agli studenti se siano già a conoscenza dei fatti trattati, se ne abbiano almeno sentito parlare, e in che modo. Introdotto in questo modo il tema della memoria (che può suscitare anche discussione, soprattutto se in classe sono presenti studenti originari delle ex colonie), si possono mettere in evidenza i principali stereotipi che la caratterizzano, come quelli che abbiamo già ricordato: sono idee diffuse, ma in quale misura corrispondono alla verità?

  • Il colonialismo italiano è stato diverso; gli Italiani hanno fatto del bene.
  • Gli Italiani brava gente: non si sono macchiati di particolari violenze.
  • Gli Italiani non sono mai stati razzisti.

Dopo la riflessione comune, si porpone la visione del filmato Un colonialismo fuori dal tempo. Le stragi italiane in Etiopia (durata 11 minuti), per avviare un confronto tra questi “luoghi comuni” e la ricostruzione attraverso documenti storici. Il filmato racconta uno degli episodi più cruenti dell’avventura coloniale itaiana nell’Africa Orientale, l’invasione dell’Etiopia e la strage di Addis Abeba, anche attraverso diari e dispacci governativi.

Un colonialismo fuori dal tempo. Le stragi italiane in Etiopia

Approfondimenti. Il video può anche essere integrato con i seguenti testi, che trattano rispettivamente di razzismo e violenza (Testo 1) e delle caratteristiche generali del colonialismo italiano, nonché del tema della memoria (Testo 2). Inoltre, per una visione più ampia dell’argomento, si può proporre un video che tratta dei crimini di guerra italiani in Iugoslavia e Grecia, smontando lo stereotipo del “buon italiano” anche in guerra.

  • Testo 1. Razzismo e violenza (tratto da Nicola Labanca, Storia dell’Italia coloniale, Piccola Biblioteca di Base. La Storia, Fenice 2000, 1994)
  • Testo 2. La mancanza di memoria del colonialismo italiano (tratto da Francesca Materozzi, Italiani brava gente, ma perché? corrieredellemigrazioni.it)
  • Video. Il tempo e la storia. Italiani brava gente (durata 24 minuti)

Sulla base di tali risorse, si potrà avviare una discussione in classe (o un confronto in modalità a distanza), durante la quale gli stereotipi precedentemente enunciati saranno confrontati con gli apporti della storiografia, spesso in radicale contrasto con essi. Sarà l’occasione per cercare anche di formulare ipotesi sull’origine di tali stereotipi e per riflettere sui meccanismi psicologici e i fattori storici che fanno sì che la memoria, in particolare la memoria collettiva, sia spesso assai selettiva e deformante.

Fase 3. Attività critica attraverso la webquest

A completamento del lavoro, potete organizzare una webquest, individuando alcune tematiche da affidare agli studenti divisi in gruppi. Per esempio:

  • Le diverse fasi del colonialismo italiano e le sue motivazioni
  • Colonialismo e razzismo
  • L’atteggiamento verso le donne
  • L’economia coloniale
  • La memoria coloniale presso gli Italiani e presso i popoli ex colonizzati

Approfondimenti. Ecco una lista di libri e di siti utili da consultare.

Testi

Siti

Sulla base delle informazioni così ricavate, ogni gruppo scriverà una relazione sul tema assegnato, con la consegna di confrontare tali informazioni con i luoghi comuni più diffusi. Nel caso in cui gli studenti siano in possesso di competenze digitali adeguate, tale relazione potrà assumere anche la forma di un data storytelling, realizzato con l’ausilio di applicazioni dedicate. Tale relazione servirà anche da verifica.

Fase 4 / Correzione e valutazione collettiva

Dopo le fasi di ricerca ed elaborazione, l’attività didattica si conclude con la verifica delle relazioni degli studenti e una loro valutazione da parte dell’insegnante. È una fase importante, utile a raccogliere e puntualizzare i criteri con cui affrontare criticamente i “luoghi comuni” della Storia. L’insegnante, oltre a supervisionare l’attività e verificare gli elaborati, ha il delicato compito di lasciare spazio e stimolare la discussione tra gli studenti, indirizzandola anche verso riflessioni legate all’attualità: quali sono i luoghi comuni con cui abbiamo a che fare oggi?

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