Le professioni del turismo #2 - Il mediatore territoriale

Le professioni del turismo #2 - Il mediatore territoriale

Proseguiamo la serie di contributi sul settore del turismo e le sue professioni, con l’obiettivo di indagarne le criticità, le opportunità e gli orizzonti nel post-pandemia. La scossa epocale data al sistema turistico costringe le imprese a inserire nuove figure in azienda in grado di aiutarle a restare nel mercato e le cui competenze siano aggiornate di continuo. Nel dare conto delle possibilità di impiego per i giovani, presentiamo alcuni dei profili professionali emergenti nel turismo, dando indicazioni generali su come (probabilmente) sarà orientata in futuro la ricerca dei talenti nel settore e offendo possibili spunti formativi al riguardo.

Non luoghi vs luoghi di identità

L’antropologo Marc Augé ha definito “non luoghi” i centri commerciali, i parchi a tema e altri spazi generici che riuniscono le persone in una dimensione anonima senza creare relazione, senso di appartenenza, identità.

La pandemia, soprattutto attraverso le restrizioni negli spostamenti, ha portato a ripensare il senso delle nostre destinazioni e ha ridimensionato in parte anche la spersonalizzazione dei luoghi nel sistema sociale odierno: la (ri)nascita del turismo di prossimità in questi anni di “chiusura” ne è la prova evidente. 

Da sempre al centro della visione del turismo responsabile, la protezione del territorio e la valorizzazione dell’identità della comunità locale sono stati riconosciuti come elementi chiave della ricostruzione del sistema turistico italiano, del resto già presente nel Piano Strategico di Sviluppo del Turismo 2017-2022.

In questa prospettiva le possibilità di impiego e autoimprenditorialità si sono evolute, ampliandosi dal solo “incoming” agli ambiti di marketing territoriale, destination management, mappatura partecipata, mediazione territoriale, turismo di comunità. È una rete di attività coordinate sul territorio che si riflettono in ruoli che consentono ai giovani di crescere professionalmente impegnandosi per promuovere il benessere economico del proprio territorio salvaguardando i suoi valori

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Il turismo di prossimità 

La crisi del turismo innescata dal COVID-19 ha spinto alla crescita del turismo di prossimità, la tendenza a fare vacanza all’interno dei confini nazionali se non regionali. 

Secondo i dati dell’Indagine Coldiretti-Ixè, nell’estate scorsa quasi 1 italiano su 3 (32%) ha scelto una meta vicino a casa, all’interno della propria regione di residenza. Questa tendenza ha generato un processo di ripensamento delle forme di vacanza facendo optare per un ritorno al territorio e alla comunità in forma esperienziale. Un fenomeno che ha reso consapevoli tanti italiani della possibilità di sentirsi “esploratori” pur restando nel proprio Paese. 

In questo senso è andata affermandosi l’idea che la pandemia possa rappresentare un’opportunità per la conversione definitiva del turismo verso la sostenibilità. Si è innescato un processo che vede il turismo come uno fra gli elementi dello sviluppo dei territori “marginali” (aree interne, montane, borghi), così come asse da considerare nella riorganizzazione delle città in termini di attrattive, gestione dei flussi, overtourism

Un turista diverso 

Quali sono le aspettative di chi sceglie di fare turismo alternativo “vicino a casa”? Nel contesto di prossimità si affermano le vacanze a contatto con la natura e il cosiddetto undertourism, un turismo di nicchia al di fuori dalle rotte già tracciate, dalle mete già scoperte e inflazionate dal turismo generalista.

Sicuramente cresce l’esigenza di soddisfare il bisogno delle persone di essere in un “luogo” e non di “smarrirsi in una porzione di spazio indistinto, spersonalizzate come figure in transito, accolte senza accoglienza, in una relazione di scambio non conviviale”. 

Questa forma di vacanza è una scelta che esprime vicinanza anche da un punto di vista relazionale ed emotivo: conoscere per arricchirsi interiormente, incontrare, sentirsi parte della comunità anche se per un tempo limitato, vivere una vera esperienza e poterla custodire nel ricordo. 

Questi bisogni si intrecciano con gli aspetti pratici legati all’organizzazione dell’esperienza turistica sul territorio e con la capacità di progettarlo e promuoverlo in coerenza con i valori e i bisogni della destinazione e della comunità ospitante. È qui che entrano in gioco nuove figure professionali.

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Il mediatore territoriale 

Il ruolo più innovativo legato al territorio è quello del mediatore territoriale, che corrisponde in termini di competenze a un esperto di area. Questo ruolo viene definito in varie accezioni nel mondo del lavoro: promotore del territorio, tutor di accoglienza, consulente di progetti territoriali e turistici, creatore di progetti di comunità ecc…

Quali competenze deve possedere? Questa figura professionale deve saper gestire l’interazione tra i sistemi turistico-culturali del territorio e il mercato turistico. Ha competenze di analisi e rappresentazione territoriale per la valorizzazione del territorio in chiave di sostenibilità turistica e in relazione alle sue dimensioni ambientali e culturali locali.  

È in grado di creare le condizioni per una relazione positiva tra chi opera nel mondo della ricettività e chi fa intermediazione, le guide turistiche e gli operatori culturali, come associazioni, musei, librerie, organizzatori di eventi. 

Valorizzare il territorio e le comunità locali

La figura del mediatore territoriale, operando a stretto contatto con il settore privato e quello pubblico del territorio, non solo integra il capitale umano disponibile, ma organizza momenti di condivisione per lo sviluppo di nuove competenze che promuovono gli specifici territori verso l’integrazione della loro offerta attuale o potenziale, stimolandoli a presentarsi in forma innovativa

La promozione del territorio ha radici lontane. Nel primo testo di riferimento per il marketing territoriale strategico, Marketing Places (1993), gli autori evidenziano che i luoghi devono:

  • diventare “attrattori” per risolvere le proprie criticità;
  • comunicare con efficacia le proprie “speciali qualità”;
  • cercare di reagire con prontezza ai repentini cambiamenti di mercato.

Una delle tesi del libro è che i mercati cambiano più velocemente rispetto alla capacità delle comunità di reagire e quindi la sfida risiede nella capacità di rafforzare le potenzialità della comunità con il giusto mix di attrattive e servizi. Bisogna promuovere i valori e l’immagine del luogo in modo che i potenziali fruitori siano pienamente consapevoli dei valori (in termini di vantaggi) distintivi del luogo. L’azione centrale è organizzare un gruppo di progettazione composto da cittadini, operatori e governance locale e regionale. Ed è quello che oggi si realizza con la mappatura di comunità. 

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Un esempio di turismo inclusivo: le Comunità Ospitali

Un esempio pratico di questa attività è quello delle Comunità Ospitali, uno dei progetti strategici dell’associazione Borghi Autentici d’Italia (BAI). “La comunità ospitale è un modello strategico che trasforma il concetto di vacanza in un’esperienza di viaggio” racconta Maurizio Capelli, vicepresidente della Fondazione Futurae e già segretario generale BAI, “in cui l’ospite, diventa cittadino temporaneo del borgo, protagonista del vissuto e storyteller del territorio”.

“Per capire cosa significa essere Comunità Ospitale, è necessario calarsi sia dalla parte del visitatore, sia dalla parte della comunità locale che viene rappresentata dal tutor dell’ospite” afferma ancora Capelli.

L’iniziativa ha come elemento cardine la figura del tutor, esperto conoscitore del territorio, che intrattiene specificamente relazioni di incontro e condivisione con gli ospiti visitatori. Il tutor è una figura centrale, che sa garantire un’accoglienza inclusiva ai “cittadini temporanei”, che  li consiglia passo passo nella scoperta dei tesori del territorio, della cultura e delle tradizioni locali. Li guida anche nella fruizione dei servizi disponibili e li porta a conoscere e apprezzare i beni materiali e immateriali del territorio, ricevendo nuovi apporti e stimoli culturali. 

Un’altra attività fondamentale del mediatore territoriale è il coinvolgimento degli imprenditori locali e di tutta la Comunità. Questo lavoro di “rete” contribuisce a delineare una strategia unica di accoglienza, una visione comune che porti l’ospite a partecipare alla vita del borgo e alla scoperta dei suoi elementi più autentici. 

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Le proposte formative

Come si diventa mediatore territoriale?

Innanzitutto segnaliamo una recente opportunità formativa universitaria. La laurea magistrale in Global e Local Studies dell’Università di Trento offre un percorso che prepara ad accedere al mondo del lavoro in qualità di consulente di politiche pubbliche (policy advisor e policy analyst) e un percorso di Project design for Sustainable Communities, che prepara al ruolo di consulente di progetti territoriali (community developer o community manager). 

Per formarsi in questo ambito, è possibile anche partecipare a programmi di formazione nell’ambito di progetti in corso sia a livello europeo che italiano. Il progetto Adrionet ha pianificato un programma formativo rivolto a 20 aspiranti mediatori territoriali che avranno come compito principale di costruire Piani di Azione Locale creando incontri sul territorio. La loro formazione si incentra su: 

  • trasferimento di conoscenze e competenze in materia di sviluppo sostenibile ambientale, sociale ed economico;
  • empatia nelle relazioni con gli ospiti;
  • tecniche di convocazione e gestione delle riunioni;
  • conoscenza e condivisione della mappatura transnazionale realizzata dai Partner del Progetto. 

L’offerta IFTS

Altre opportunità da cogliere sono nell’offerta formativa IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore) relativa alla specializzazione “Tecniche per la promozione di prodotti e servizi turistici con attenzione alle risorse, opportunità ed eventi del territorio”. Ne è un eccellente esempio Montagna 4.0 (promosso da Regione Lombardia), un percorso formativo della durata di 1000 ore (di cui 450 di stage) che forma i giovani nelle tecniche di promozione territoriale intrecciando l’uso degli strumenti digitali di comunicazione e fruizione turistica con la competenza di valorizzazione e integrazione delle risorse ambientali, culturali ed enogastronomiche del territorio.

La figura del mediatore territoriale richiede la conoscenza di: 

  • patrimonio materiale e immateriale territoriale;
  • sistemi per la rilevazione e l’identificazione delle risorse e delle potenzialità;
  • sostenibilità ambientale, sociale e economica: promozione di una cultura del consumo turistico rispettosa del territorio;
  • scenari turistici, tendenze e stili di fruizione dell’esperienza turistica;
  • tecniche per la progettazione di format turistici.
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