
Proseguiamo la serie di contributi di geopolitica proposti da geografi specialisti. Oggi affronteremo il complesso tema del conflitto, con le sue diverse classificazioni e le sue interpretazioni geografiche e geopolitiche. L’articolo è a cura di Giuseppe Bettoni, docente alla Università di Roma “Unitelma Sapienza” e membro del Gruppo di lavoro sulla geopolitica di AGEI (Associazione dei Geografi Italiani).
Che cos’è un conflitto?
I conflitti rappresentano una tipologia di relazione tra gruppi umani. Quando più soggetti entrano in contatto, è possibile che nascano delle tensioni, che possono mediarsi e scomparire oppure inasprirsi e arrivare a forme violente, anche estreme, come la guerra.
Se l’etimologia del termine “conflitto” (dal latino conflictus) richiama un contatto, uno scontro fisico, non necessariamente però i conflitti sono destinati a sfociare in una guerra conclamata. Non dobbiamo infatti confondere il termine “conflitto” con “guerra”: tutte le guerre nascono da conflitti, ma non tutti i conflitti conducono a situazioni di guerra. Lo scontro violento, la guerra, è solo una delle possibili dimensioni del conflitto.
In genere, quando pensiamo a un conflitto, ci riferiamo a quello internazionale che comporta l’uso della forza, ma questo termine può riferirsi anche a uno scontro sociale o interessare una relazione tra due persone, o ancora assumere una dimensione interiore e identificare la “lotta” che ognuno di noi può vivere dentro di sé.
Oltre a un’ampia articolazione di significati, ogni conflitto presenta anche una natura multidimensionale, nel senso che spinge i gruppi coinvolti ad agire su più livelli: costruire narrazioni, elaborare teorie, occupare luoghi pubblici, pubblicare testi ecc.
Forme e intensità del conflitto
Il conflitto fondamentalmente ruota intorno a un antagonismo, che si verifica per motivi diversi: rapporti di forza opposti, disaccordi basati su opinioni diverse, concorrenze tra attori che cercano di raggiungere il medesimo fine.
Queste relazioni antagonistiche assumono forme e intensità diverse, che dipendono sempre dalla natura del rapporto che esiste tra gli attori: possono essere conflitti superficiali, in cui gli interessi degli attori non sono propriamente divergenti ma manifestano ostilità tra loro; o conflitti latenti, in cui gli interessi divergono, ma gli attori non modificano per questo il loro comportamento. I conflitti sono, invece, dichiarati quando gli interessi divergono e gli attori assumono comportamenti apertamente ostili.

Il conflitto nelle scienze sociali
Nelle scienze sociali inizialmente si è concepito il conflitto come connaturato alla condizione umana: gli esseri umani entrano in conflitto per procurarsi ciò che è necessario per il loro benessere. In un mondo di risorse limitate il conflitto diventa, quindi, naturale. È quello che afferma Hobbes.
Secondo un’altra scuola di pensiero, invece, essendo l’uomo razionale, il conflitto sarebbe il frutto di una patologia sociale, il sintomo di una malattia sociale. Questa ipotesi, sostenuta principalmente da Boudon e Bourricaud, si differenzia a sua volta da quella di Flint, il quale interpreta, invece, il conflitto come una costruzione sociale, una costruzione politica razionale di regolazione sociale.
La sua teoria prevede, oltre la fase di conflitto, anche la negoziazione e la riappacificazione. Si tratterebbe quindi di un processo positivo di regolazione sociale: il conflitto è solo una fase della risoluzione degli antagonismi.
Il conflitto nella prospettiva geografica
La geografia si concentra sulla dimensione spaziale del conflitto, che può assumere forme e connotazioni diverse. I conflitti si producono in modo spaziale e da esso ne sono influenzati.
Raymond Aron afferma che lo spazio in un conflitto può avere sostanzialmente tre significati: può essere l’ambiente (sotto ogni sua forma, naturale o sociale, il cosiddetto milieu), la posta in gioco o il teatro delle azioni.
- Lo spazio è principalmente il quadro all’interno del quale si svolge il conflitto, anche se non è detto che lo influenzi direttamente. Gli attori lo organizzano a questo fine ed è oggetto di studio della geografia politica, che ne esamina la configurazione e le evoluzioni.
- Lo spazio può anche essere oggetto di una rivendicazione territoriale o un obiettivo di conquista, rappresentando la principale motivazione del conflitto tra gli attori. In questo caso lo spazio è la posta in gioco e diventa essenziale per comprendere le ragioni del conflitto stesso.
- Lo spazio è anche il luogo dove il conflitto si svolge materialmente, dove gli attori dispiegano le loro forze, come il teatro delle operazioni militari.

Il conflitto in geopolitica
Il conflitto trova la sua massima rilevanza in geopolitica, dove si studiano le relazioni e gli antagonismi tra due o più attori che si contendono il controllo di un territorio. In questo contendere sono coinvolte anche le popolazioni che vivono in quello spazio e che partecipano alla discussione su quale attore abbia o meno il diritto su quel dato territorio.
In questo caso entrano in campo azioni concrete, che possono avere un carattere militare oppure essere di natura diversa e agevolare un gruppo piuttosto che un altro. In questo scenario il conflitto viene alimentato dalle diverse narrazioni che in geopolitica prendono il nome di “rappresentazioni”.
I conflitti sono complessi perché spesso coinvolgono una pluralità di attori e comportano scale e tempi diversi. Un conflitto locale, legato a pretese di possesso di un dato territorio, può trovare supporto in persone che vengono coinvolte per motivi che si producono su altre scale. Per esempio, il conflitto per l’alta velocità ferroviaria in Italia vede partecipare in prima persona gli abitanti della valle interessata dal passaggio della linea – che rifiutano la realizzazione di quel progetto sul loro territorio –, ma anche le persone che vogliono cambiare il mondo e si oppongono allo sfruttamento mercantilistico della terra. Questi due gruppi hanno uno stesso obiettivo di lotta, ma motivazioni diverse.
Giuseppe Bettoni

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